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Oltre la venerazione

Lorenzo Fazzini domenica 12 maggio 2024
«Quanto a Glory, pregava ancora in ginocchio. E recitava, o ascoltava, o pensava una preghiera di ringraziamento a ogni pasto, perfino al bancone della mensa o quando stava con il suo fidanzato. Per lei la fede era abitudine e lealtà alla famiglia, una deferenza per la Bibbia che era anche di natura letteraria, ammirazione per la madre e il padre. Il padre diceva sempre: Dio non ha bisogno di venerazione. Veneriamo per ampliare il nostro senso del sacro, per poter sentire e conoscere la presenza del Signore, che è con noi sempre. Diceva: Alla fine si tratta di amore, un amore più elevato, e il piacere di una presenza amorevole. Glory era senz’altro devota, anche se non avrebbe scelto quel termine per definirsi». Così Marilynne Robinson nel suo romanzo Casa (Einaudi), dove l’indicazione dell’abitazione come titolo del romanzo ha un chiaro rimando biblico nella casa del padre misericordioso di evangelica memoria. Glory è il personaggio materno di questa narrazione, una sorta di sorella misericordiosa rispetto al fratello perduto Jack, che fa soffrire il padre Robert Boughton. Ed è proprio questa certezza precisa - «il Signore è con noi sempre» - l’architrave su cui Glory costruisce, nell’immaginazione letteraria di Robinson, il proprio essere accogliente: se Dio c’è, anche noi dobbiamo esserci per gli altri. Anche i più scapestrati. © riproduzione riservata