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Oltre il mansionario

Eraldo Affinati giovedì 6 aprile 2023
Qualche mese fa, a Pozzallo, nell’estrema propaggine meridionale italiana, vidi i due possibili volti dell’accoglienza: il centro di primo soccorso era una casamatta, color giallo ocra, sul mar Mediterraneo. La camionetta della polizia che stazionava nel grande parcheggio antistante l’ingresso segnalava la presenza dello Stato a guardia dei confini nazionali. Se mi fossi fermato lì, l’immigrazione sarebbe apparsa ai miei occhi soltanto una questione d’ordine pubblico. Ma poi, grazie alla professoressa Assunta, volontaria nel Centro dedicato alla memoria di don Pino Puglisi, m’inoltrai nel paese: una teoria di case basse sgranate lungo la costa siciliana. Giunto al centro della piazza cittadina, fra palme e panchine, conobbi un suo ex allievo africano, giunto anni fa in Italia senza altro bagaglio oltre i propri sogni, variopinti e smisurati, come quelli di un bambino. Chiamiamolo Mohamed. Cappellino bianco rovesciato sulle ventitré, trecce rasta lunghe sulle spalle, sorriso sgargiante. Lavorava nel ristorante appena dietro. Mentre parlava con noi, salutava i passanti e rispondeva al cellulare. Pareva la rappresentazione plastica della vera integrazione: affinché ciò possa accadere, dobbiamo partecipare tutti, non soltanto i professionisti incaricati di eseguire il mansionario. © riproduzione riservata