Sono i confini e le divisioni dentro le comunità, le linee di separazione e i muri più vicini a noi quelli più difficili da affrontare. E spesso il coraggio di andare oltre queste linee chiede in cambio un costo altissimo. Santa Caterina Tekakwitha ha pagato in prima persona la decisione di vincere quei muri e andare incontro al Vangelo, giunto da lontano nella sua terra grazie ai missionari gesuiti. Nata nel 1656 a Osserneon (nei pressi di Auriesville, New York), era figlia di padre irochese pagano e madre algonchina cristiana. Sfigurata dal vaiolo, malattia che la privò della madre a quattro anni, venne ospitata a casa di parenti che la crebbero per darla in sposa a un giovane del villaggio. Lei, però, grazie all’opera di alcuni religiosi missionari rimase sempre più affascinata dal messaggio del Risorto fino a scegliere di vivere in castità, offrendo la propria vita a Dio. Uno stile di vita che i suoi parenti assieme all’intero villaggio non compresero. Emarginata e perseguitata decise di fuggire in Canada, in un villaggio fondato dai Gesuiti, dove poteva vivere libera da cristiana. Qui si fece battezzare e divenne vergine consacrata. Morì nel 1680, consumata da un’esistenza vissuta nel segno della penitenza. Beatificata da Giovanni Paolo II nel 1980, è stata canonizzata da Benedetto XVI nel 2012. È stata la prima nativa americana a essere dichiarata santa.
Altri santi. Sant’Innocenzo di Tortona, vescovo (IV sec.); san Roberto di Molesme, abate (1024-1111).
Letture. Romano. At 8,1-8; Sal 65; Gv 6,35-40.
Ambrosiano. At 8,18-25; Sal 32 (33); Gv 6,1-15.
Bizantino. At 8,18-25; Gv 6,35-39.
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