Oggi, in una società nella quale l’elemento tecnico-scientifico sembra abbia soppiantato di forza quello simbolico-poetico (tutto pare esser diventato calcolo), anche la liturgia della fede rischia di perdere la sua pregnanza di significato. Per questo va coltivato quello sguardo che vede al di là delle cose e ne cerca il significato profondo. Leonardo Boff, in un celebre libretto di diversi decenni fa, I sacramenti della vita (Borla), lanciava un parallelo tra i mozziconi di sigarette che lui incontrava e la figura di suo padre, accanito fumatore, morto da tempo – gli uni gli richiamavano l’altro – per spiegare cosa significhino i sacramenti nella logica cattolica. Jon Fosse, scrittore premio Nobel nel 2023, diventato cattolico da adulto, fa balenare qualcosa del genere nel suo libro Mattino e sera (La Nave di Teseo) quando parla del protagonista Johannes: «In effetti è bello starsene lì a osservare gli oggetti e vedere che sembrano più pesanti e più leggeri di quello che sono, gli oggetti sembrano pesanti per via di tutto ciò che è stato compiuto con loro, di tutto il lavoro, e allo stesso tempo è come se non avessero peso, come se fossero del tutto quieti e allo stesso tempo si librassero». Gli oggetti (anche i gesti) dovrebbero rimandarci al loro significato, anche e soprattutto nel mondo della fede. È la logica dell’incarnazione che ce lo chiede.
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