Premio Viareggio per la poesia 1973, premio Strega 1978 con l'indimenticabile romanzo Un altare per la madre, Premio Selezione Campiello 1986 e 1989, Premio Verga 2004, Premio Campiello alla carriera 2016, Ferdinando Camon, grande firma di “Avvenire”, tradotto in venticinque Paesi, ha sentito il bisogno di riscrivere il suo romanzo Occidente, uscito in prima edizione nel 1975 e ora rilanciato da Apogeo Editore (pagine 132, euro 15). C'è materia per tesi di laurea sui rapporti tra letteratura, psicologia, etica e società perché Occidente, che analizza il terrorismo di destra dei primi anni Settanta, fa luce su un fenomeno da non considerarsi archiviato e le cui cause profonde restano da un lato misteriose e dall'altro concretissime. Basti pensare che l'avvocatura dello Stato, nell'arringa con cui chiedeva la condanna di una cellula nera per la strage di Bologna utilizzava undici pagine della prima stesura di Occidente, «scoperte nel covo di terroristi, con le quali la cellula spiegava ai propri militanti perché, in nome di che cosa, con quale diritto, andava compiuta la strage, qual era il bene che scavalcava trecento vite umane». Quelle pagine spiegavano dunque il movente della strage. È impressionante che lo scrittore abbia incontrato il protagonista del romanzo (al quale ha attribuito un nome di fantasia) quand'era agli arresti domiciliari. Immaginava che avrebbe sostenuto la propria innocenza, invece rivendicò con orgoglio la propria colpevolezza «come una superiore o suprema innocenza». Scrive Camon: «Ci fu un momento, a conclusione dell'incontro, in cui egli disse. “È innocente non chi è incapace di peccare, ma chi pecca senza rimorsi”. Non so se sbaglio giuridicamente, ma eticamente queste parole hanno sempre significato per me: “Ho fatto la strage che pensate, ma possiedo un sistema morale che mi assolve”». Occidente si affaccia su questo abisso etico. E lo fa in forma di romanzo, assolutamente realistico. Teorizzare e praticare «il dovere di strage» per disintegrare il sistema borghese potrebbe facilmente essere classificato nella patologia di chi lo sostiene e archiviato. Ma c'è tutta un'organizzazione con un maestro che delinea una strategia e i militanti gerarchizzati che la eseguono. Scrive Camon: «Ci sono in ogni città d'Europa gruppi disposti a uccidere a caso: più è casuale, più il delitto è efficace. Non serve più che il re, il presidente, il ministro si sentano insicuri: occorre che si senta insicuro l'uomo qualunque, la donna in casa, l'insegnante a scuola, il viaggiatore in treno, il vecchio sulla soglia, la folla in piazza, il pubblico al cinema. Perché il potere non è più nel re, nel presidente, nel ministro: il potere è nella folla, e per spingere la folla nella direzione voluta nessun'arma è migliore del panico, e il panico si diffonde coi giornali, e lo spazio sui giornali si ottiene con l'attentato o la strage». C'è senz'altro della patologia in questi progetti e non siamo sicuri che non si ripetano.