Non siamo mai pronti per la malattia. L’ho pensato tante volte, ma leggendo le parole del Santo Padre, scritte per la XXXI Giornata mondiale del malato, non ho potuto fare a meno di rifletterci meglio. Non siamo mai pronti per la malattia, in effetti, non ci abitueremo mai alla sorpresa di dover affrontare un cambio di vita repentino in nome di un male che si fatica addirittura a nominare, oppure che ha un nome difficile da pronunciare. Da essere umano, da persona con una patologia permanente come la sclerosi multipla, dovrei essermi creato anticorpi ad hoc rispetto al tema. L’ho fatto in sedici anni di cammino, eccome se l’ho fatto. Eppure mi viene difficile accettare la diagnosi permanente di un parente, digerisco male le sedute di chemioterapia dell’amico di sempre e i deficit fisici di un giovane che conosco. La malattia, come altre cose non belle della vita, fa parte dell’esistenza di ogni essere vivente. Così come la morte, la malattia fa parte della vita.
Ieri sera mi sono imbattuto in una foto su Instagram di Elisa, ragazza che conosco da tanti anni: giovane, bella e positiva. L’ho vista con un sorriso bellissimo e i capelli a zero. «Non è stato semplice abituarsi a questa nuova versione di me stessa – ha scritto –, quando pensi di iniziare a conoscerti la vita scombina tutte le carte quasi per dispetto e ti pone in una condizione in cui devi ripartire da zero. Quando ti diagnosticano un tumore è come prendere un muro nel viso a 300km/h. Una secchiata di acqua gelata. Il tuo corpo non è più tuo, si annulla, e tu inizi a sentirti sempre di più la tua malattia. Però poi il cervello fa qualcosa di meraviglioso e ti mostra come adattarsi a questa nuova condizione. Credo da sempre che la virtù massima di noi esseri umani sia quella di riuscire ad adattarsi al cambiamento poiché è l’unica vera costante della vita. Un effetto collaterale per cui però devo ringraziare la malattia è che ti dona nuovi occhi con cui guardare il mondo, vedere e sentire le cose. Ti dona spazio e tempo. Tempo in cui fermarsi e guardare». Ecco cosa. Grazie Elisa.
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