Pioniera di un esperimento pilota, la Asl1 di Roma da anni svolge un programma di assistenza e accompagnamento di “migranti forzati”, donne e uomini che nei Paesi di origine hanno subito torture e relative violenze, anche psicologiche. Un lavoro di sostegno per la salute mentale svolto da équipes di psichiatri, psicologi, riabilitatori esperti di sindromi post-traumatiche. L’ideatore dell’importante programma riabilitativo, Giancarlo Santone, insiste sulla centralità del suo aspetto transculturale. I mediatori-traduttori, la cui presenza è indispensabile a ogni colloquio, sono numerosi, tanti abbastanza da poter coprire (tradurre) venti lingue del mondo. Figure che tuttavia devono giocoforza restare sullo sfondo, invisibili. Solo così, nel corso dell’ascolto di ciascuna delle sconvolgenti testimonianze, lo sguardo del terapeuta potrà restare focalizzato su chi, vittima, sta raccontando. La voce dell’interprete è viatico di relazione per come permette quell’ascolto: ma è dalla frontalità e verità degli sguardi che i rapporti prendono forma. Occhi negli occhi: costruendo così scambi umani che non trasformino i testimoni a loro volta in vittime, né che permettano ai terapeuti di venire sopraffatti da portati di dolore che senza la fratellanza dello sguardo non sarebbero in grado di sostenere.
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