Obbedire al cuore
non è in grado di essere libero e ancor meno di esercitare l'autorità; colui che non è inferiore a nulla, non può essere superiore a nulla, eguale a nulla». In pieno Ottocento il pensatore inglese Thomas Carlyle scrive pagine fondamentali sull'età di passaggio che sta mutando la realtà antropologica. Dopo i deliri di onnipotenza della ragione degli Illuministi, che relegano a superstizione religione, fiaba, mito, e che definiscono ingenui imbonitori o cantastorie Omero, Dante e Shakespeare, l'uomo europeo vive un senso di rinascita dell'autostima individuale: positivo, se non fosse dopato. L'uomo non può essere suddito e servo di alcuna autorità imposta con l'autorità, che sia statale o religiosa. Ma, come accade sempre nell'adolescenza, l'umano che scopre la propria libertà, prima ancora di essere maturato uomo, e ansioso di liberarsi dall' ingenuità del fanciullo che era fino a ieri, si monta la testa. Oggi più che mai pare scomparso il senso dell'obbedienza: non a un dittatore, al denaro, agli istinti: quella è servitù. Obbedienza al prossimo e alle regole stabilite dal prossimo e da noi stessi. Obbedienza alla vita e al cuore