Nuove tecnologie e felicità di essere «disconnessi»
In fondo – almeno in modo episodico – qualche forma di "nomofobia" l'abbiamo provata tutti. Perché viviamo nell'era dell'iperconnessione permanente, in cui l'idea di poter raggiungere tutti e di poter essere raggiunti in qualsiasi momento è un elemento "vitale" della nostra identità sociale. Ed è soprattutto una nuova "coperta di Linus", che ci protegge in apparenza da insicurezze e fobie di ogni tipo. Senza una connessione, oggi, sembra che il mondo diventi di colpo un deserto di opportunità, di legami e di scambi emotivi. Come se il villaggio globale vivesse quotidianamente dentro ognuno di noi, creando una strana forma di dipendenza. Non più dagli altri esseri umani, ma dalle tecnologie e gli strumenti che ci connettono a loro: potremmo definirla, forse, dipendenza da una "nuvola".
È possibile sottrarsi a questa sindrome? Sicuramente sì. E per farlo non servono rifiuti della contemporaneità dal sapore radical-chic. Basta riscoprire l'ineguagliabile fascino di un incontro dal vivo, di un gioco di sguardi o di un contatto fisico, riequilibrando il rapporto tra vita reale e nuvola virtuale. Per riconquistare la felicità d'essere "disconnessi".
@FFDelzio