«No volveremos a la normalidad, porque la normalidad era el problema». Era scritto su un muro di Madrid, nei giorni più duri della pandemia: non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema. Allora pensai che quel messaggio fosse molto profondo. Ora non sono più convinto che sia anche vero. Travolti dal desiderio di credere che il Covid-19 rappresentasse almeno una grande occasione per cambiare, molti di noi hanno pensato che nulla sarebbe stato come prima. Ed era soprattutto un augurio, più che un timore. Oggi invece siamo ancora al buio: non sappiamo dove andremo e come finirà, ma lamentarsi del mondo com'era diventa difficile. Se la voglia di normalità è fidarsi anche quando non dovresti, amare l'istinto e una pasta al pomodoro, ecco allora non ci sto a considerarla un problema. Normale è accettare le storture del mondo, ma impegnarsi per eliminarle. Normale è stare tre ore in coda in auto per tornare dal mare, ma sopportarlo perché il mare ce l'hai ancora negli occhi. Normale, a volte ma non per forza, è riuscire a essere speciali. Normale è accettare le storture di un Paese come il nostro, sapendo che rimane il peggior posto in cui vivere esclusi tutti gli altri. Normale è, o meglio sarebbe, smettere di lamentarsi e iniziare davvero a rimboccarsi le maniche.