«Come nelle tempeste fosse pace». Così termina la poesia La Vela, del russo Mikhaïl Lermontov (1814-1841). C’è un punto nel fitto di uno scompiglio in cui le forze contrarie sono così prevalenti che in alcune persone cessa ogni agitazione e sopraggiunge la completa calma. Leggendo il verso di Lermontov ho riconosciuto lo strano effetto. Un’improvvisa invulnerabilità parte dal centro del petto, o s’irradia nei nervi, sgombera i pensieri. Nelle circostanze turbolente si manifestano le molteplici reazioni, dalle sconsiderate alle composte. Mia nonna Emma non si faceva disturbare neanche dai bombardamenti. A chi la sollecitava a scendere al rifugio al suono della sirena di allarme, rispondeva: «Mo’, mo’» e non si muoveva. Lo stesso faceva durante un terremoto. Nelle tempeste trovava in se stessa il punto di equilibrio inalterabile. Qualcosa di lei dev’essere arrivato fino a me, se uscendo da certi trambusti ho avuto in mente lei, come esempio. Non credo alla fortuna, non riconosco alcun effetto pratico alla suggestiva parola destino. Credo alla calma di nonna Emma, nata nell’anno 1900, secolo di tempeste.
© riproduzione riservata