Non una parola
Ma, vogliono “stanarli”, quelli là sotto. Per magnanimità, sia pure, forse, si salvino i civili. Ma la Azov no. Feriti, centinaia di feriti senz'acqua, senza farmaci, nel buio, nel tanfo della cancrena. Quei ragazzi. Figli di una madre e di un padre. Sepolti nelle catacombe di Azovstal, come le ha chiamate Putin.
E vorrei spegnere il pc, spegnere tutto. Basta parole. Ci sono al mondo trattati, dichiarazioni di diritti, leggi, tante. Tante parole. Non una che basti.
Un amico mi ha mandato poche righe degli Esercizi pronunciati per Cl dall'abate generale dei cistercensi, dom Mauro-Giuseppe Lepori: «Oggi la morte e il male sembrano vincere. Cristo è il solo di cui abbiamo bisogno, ma è il Cristo crocifisso, risorto dalla morte, che è sceso fino al fondo dell'umano. (..) Questo Cristo che non è estraneo al naufragio del mondo. È Lui che soffre, ed è perché c'è Lui che questo naufragio è vinto, che questa morte risorge, che questo male non domina, non ha l'ultima parola».
Mio padre diceva che i soldati moribondi, sul Don, invocavano la mamma. Anche là sotto, a Mariupol? Il Dio in cui io credo è con ciascuno di quei ragazzi, anzi, è in ciascuno di loro. Altrimenti non ci sarebbe che da disperare. Leggi, dichiarazioni, proclami - non una parola che mi basti.