Che gli italiani fossero in spasmodica attesa di potersi fiondare in pizzeria era noto. Ma che si mettessero in coda prima dell'alba per andare al cinema è una lieta sorpresa. Il lungo lockdown non ci ha dunque abbrutiti del tutto. Il “Corriere” (titolo: «Il riscatto delle sale», 27/4) schiera addirittura Paolo Mereghetti, critico blasonato, che con palese soddisfazione può scrivere del «ribaltamento delle più nere previsioni fatte in questi mesi da troppe Cassandre», maldestre imitazioni che, al contrario di quella autentica, non ci hanno azzeccato. L'era dello streaming, «di sua maestà Netflix e dei suoi alleati», doveva segnare la fine delle sale. Invece, «un anno e mezzo di lockdown non ha fatto dimenticare il cinema». Eccoli dunque i romani in attesa fuori del Nuovo Sacher, in compagnia di Nanni Moretti, raccontati sulla “Repubblica” (27/4) da Paolo di Paolo: «C'è chi usa la parola felicità (…) per il cinema a colazione, pur di riappropriarsi di un'abitudine interrotta, di ritrovare la meraviglia». «Non ne potevo più di continuare a guardare serie su Netflix e Prime Video» confida un milanese a Chiara Baldi della “Stampa” (27/4). Lionello Cerri, amministratore di Anteo Spa, esulta: «Non ci aspettavamo una partecipazione così vasta. La gente ha voglia di cultura». Commossa è Monica Naldi, gestrice del cinema Beltrade, che racconta a Simona Ballatore del “Quotidiano nazionale” (27/4): «Hanno puntato la sveglia alle 4, come noi, per essere qui: un messaggio d'amore al cinema e alle sale». Onore agli italiani che decidono, scrive di Paolo, che «oltre al salotto di casa c'è uno spazio più largo, sociale, comunitario da difendere».
Nella giornata del riscatto del cinema, tonfo per la storia nello scivolone di Mattia Feltri (“Stampa”, 27/4): «Gli armeni furono spazzati via in particolare negli anni della Seconda guerra mondiale». I turchi avevano già “risolto il problema” un quarto di secolo prima, poveri armeni: cacciati dalla loro terra e pure dalla memoria.