Non fatevi trarre in inganno dal titolo della canzone. Il titolo è provocazione, certo, ma il testo somiglia più a poesia: poesia forse necessaria, specie oggi che troppo spesso ci dimentichiamo di prenderci una pausa dal mondo, dalle sue meschinità, dal suo assordante frastuono di nulla. E senza prendersi tempo per noi stessi, per il sogno, per il bambino che ancora si nasconde in noi, si muore dentro. Perciò allora è giusto pure arrabbiarsi, persino gridare «Non mi rompete»; per poi però cantare… «Non mi svegliate, ve ne prego. Lasciate che io dorma questo sonno: sia tranquillo da bambino, sia che puzzi del russare da ubriaco. Perché volete disturbarmi, se forse sto sognando un viaggio alato? Sopra un carro senza ruote, trascinato dai cavalli del maestrale… …Nel maestrale, in volo! Non mi svegliate, ve ne prego: lasciate che io dorma questo sonno… C'è ancora tempo per il giorno, quando gli occhi s'imbevono di pianto… I miei occhi… Di pianto…». Sì, forse dovremmo gridarlo tutti il titolo di questa canzone, poi cantare in coro il testo di questo brano: scritto dall'indimenticato Francesco Di Giacomo e messo su disco, magnificamente, dal Banco del Mutuo Soccorso.