Rubriche

Una foto, mille parole. “Non ha l’età”, quando il Festival era in bianco e nero

Giuseppe Matarazzo lunedì 5 febbraio 2024

«Signore e signori, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cino Angelini. Premieremo, tra le duecentoquaranta composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell’anno. Le venti canzoni prescelte vi saranno presentate in due serate e saranno cantate da Nilla Pizzi e da Achille Togliani con il duo vocale Fasano». Era il 29 gennaio 1951, un lunedì, e alla radio veniva trasmesso per la prima volta il Festival della canzone italiana. Il presentatore era Nuncio Filogamo e l’anno dopo esordirà con il suo celebre saluto: «Miei cari amici vicini e lontani, buona sera, ovunque voi siate». Il Festival poteva cominciare. Una festa, inizialmente nel salone del Casinò di Sanremo, per un pubblico esiguo che aveva pagato un biglietto da 500 lire, per la cena e lo spettacolo. Un evento di promozione turistica con una esibizione canora organizzata dalla Rai di Torino e trasmessa radiofonicamente «in presa diretta». Fino a quando la neonata Tv, nel 1955 non se ne appropria legandola anno dopo anno alla sua storia. Alla storia del costume e dell’italianità, “Perché Sanremo è Sanremo” e “Sanremo si Ama”, il claim con cui martedì sera il teatro dell’Ariston accoglierà la kermesse più attesa dell’anno.

Le canzoni del Festival sono la colonna sonora del riscatto del Dopoguerra. Nel 1958 il “volo” di Domenico Modugno con le sue braccia aperte Nel blu dipinto di blu è il canto liberatorio che consacra il Festival e conquista il mondo intero: «Penso che un sogno così non ritorni mai più. Mi dipingevo le mani e la faccia di blu. Poi d’improvviso venivo dal vento rapito e incominciavo a volare nel cielo infinito… Volare oh oh». Il disco del cantautore pugliese resta al primo posto delle classifiche americane per 13 settimane e vende 22 milioni di copie.

Il festival delle origini, quello ancora “in bianco e nero”, fra il 1951 e il 1976, si può ripercorrere nella mostra fotografica a cura di Aldo Grasso che Intesa Sanpaolo propone fino al 12 maggio alle Gallerie d’Italia – Torino. Il titolo dà subito l’idea della magia che ci si appresta a vivere: Non ha l’età (catalogo Edizioni Gallerie d’Italia e Skira), giocando con il titolo del brano di Gigliola Cinquetti che nel 1964 vinse il Festival in coppia con Patricia Carli. Perché il Festival è senza età, senza tempo. Cambia, cresce, si evolve, insieme agli italiani. Scorrendo le 85 fotografie provenienti dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo sul Festival di Sanremo, «è come entrare in quel tempo, rivivere quel clima, ripercorrere la storia sociale del Paese anche per chi non l’ha l’età per averla vissuta. La fotografia – ha evidenziato Aldo Grasso – assume un valore documentale di grande importanza: le immagini testimoniano un’Italia che ha fretta di dimenticare la guerra e la povertà, che vuole affidare alle canzoni una ritrovata spensieratezza. Il titolo richiama allora la giovane età di un Festival agli esordi e di un’Italia in crescita. È il successo del trinomio fiori, musica e televisione».

Un bianco e nero, ma pieno di colori e di allegria. Nelle foto c’è molto “fuori scena”: i cantanti durante le prove, le passerelle degli artisti in giro per la città, gli autografi, il pubblico, gli artisti ritratti in situazioni curiose, la sala trucco, l’orchestra e la sala stampa. «Non ha l’età è un omaggio al Festival di Sanremo che ancora oggi unisce tutte le generazioni intorno alla musica e alla cultura italiana», ha detto durante l’inaugurazione dell’esposizione Michele Coppola, Executive director Arte cultura e beni storici Intesa Sanpaolo, evidenziando il valore del patrimonio dell’Archivio Publifoto (costituito da oltre 7 milioni di fotografie dell’agenzia fondata da Vincenzo Carrese nel 1937 e acquisito da Intesa Sanpaolo nel 2015) e l'importanza della sua condivisione. «I fotoreporter dell’Agenzia Publifoto intuiscono l’importanza della manifestazione e, negli anni in cui l’evento fu ospitato nel Casinò di Sanremo (1951-1976), realizzano oltre 15.000 fotografie del Festival. Una volta ritrovate, non potevamo non pensare a una mostra e lanciarla proprio nei giorni del Festival».

Ed ecco che si possono ammirare Mina che posa con berretto da marinaio, Toni Renis con due cani Collie, Adriano Celentano che nel 1961 fece scandalo voltando le spalle al pubblico mentre canta la sua 24000 baci, Giorgio Gaber, Al Bano, Iva Zanicchi e Little Tony che firmano autografi, i preparativi di Milva e di Claudio Villa, ma anche dei Dik Dik e dei Ricchi e Poveri che scherzano in sala trucco, o Gigliola Cinquetti con la mamma Sara in una pausa del Festival e Luigi Tenco mentre fuma una sigaretta insieme a Dalida. E poi il pubblico, i luoghi, come l’atmosfera di una vecchia sala stampa, con alcuni pezzi di design provenienti dall'Adi Design Museum - Compasso d’Oro di Milano: pochi giornalisti, una quindicina di macchine da scrivere rispetto ai tanti fotoreporter che dovevano restituire la visione del Festival per i rotocalchi. Ci sono poi le copertine originali di vinili che richiamano varie edizioni di Sanremo del passato e soprattutto un’autentica rarità: un Cinebox (1961-1962) della Mival, un jukebox che riproduceva i video delle canzoni. Una sorta di youtube ante litteram. Il percorso si conclude con dei contributi video-sonori di Rai Teche che riportano l’orologio della tv sessanta, settant’anni indietro. Sugli schermi c'è Domenico Modugno che canta Nel blu dipinto di blu. E fa volare e sognare con le note e le parole. «Ma tutti i sogni all’alba svaniscono, perché quando tramonta la luna li porta con sé. Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli. Che sono blu come un cielo trapunto di stelle. Volare oh, oh». Come Gigliola Cinquetti e la sua “Non ho l’età, non ho l’età per amarti… Se tu vorrai aspettarmi quel giorno avrai tutto il mio amore per te…».

Il Festival “Non ha l’età”. «Lo dimostra il ritorno dei giovani, nel Festival di oggi – riprende Grasso –. Ogni volta si celebra la morte di qualcosa: prima era la fine del teatro, e il teatro non è morto. Poi della radio, e invece è più che mai viva. Lo stesso per la Tv, ai tempi della rete, ma non è morta. È la rete che parla della Tv. Niente muore, tutto si trasforma. Così anche Sanremo ha saputo trovare la sua formula contemporanea, ha dialogato con i talent e li ha fatti propri. Perché Sanremo va oltre ed è più importante di tutti i singoli talent». Ecco perché settantatre anni dopo quel lunedì del 1951, Sanremo si… Ama ancora.

Eccezionalmente 5 foto e 1080… “parole, parole, parole” (canterebbe Mina).