Durante il suo ministero Gesù mandò discepoli in numero di settantadue, cifra nella quale si riassume la quantità degli inviati e la destinazione universale della missione cristiana che ha in sé il segno concreto della guarigione dei malati come prova della vicinanza del regno di Dio (cfr Lc 10,9). Altro tangibile riscontro della vicinanza del regno è la liberazione degli indemoniati che inonda di gioia i missionari-esorcisti: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome» (Lc 10,17). A tanto legittimo entusiasmo Gesù risponde così: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». (Lc 10,20). L'intenzione di Gesù non è quella di gelare i suoi inviati, né di spogliarli astiosamente della loro giusta soddisfazione, bensì quella di rimandarli a qualcosa di più grande e stabile rispetto alla gioia pur grande di quel momento. In parallelo all'espressione di Gesù potremmo mettere l'immagine del "libro della vita" tante volte ricorrente nel libro dell'Apocalisse e soprattutto in Fil 4,3 dove la figura esprime la ricompensa degli evangelizzatori. Il cielo viene così istituito a rimando di come i nostri nomi, cioè noi, le nostre persone e vicende, non siano per Dio un fulmine che brilla e si estingue in una frazione di secondo, ma al contrario siano presenza da conservare, da preservare accanto al Nome che è per sempre (Sal 135,13).