I più giovani meritano parole, ossia attenzione e ascolto. Sarà che il fattaccio è accaduto a Torino, ma è la “Stampa” a spendere parole, a dedicare ascolto e attenzione. «Gioco criminale» è il titolo scelto (9/2) per il quasi omicidio dei Murazzi della notte tra il 21 e il 22 gennaio, nel mezzo della movida del venerdì. Il sommario al servizio di Massimiliano Peggio ricorda: «Una bici lanciata sulla folla per divertirsi», con un giovane, colpito, ripresosi a stento dal coma. I cinque autori del lancio, tre maschi e due ragazze, sono stati identificati e presi. Monica Serra intervista lo psicologo Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro. Segue gli adolescenti da trent’anni. Titolo: «“Così i giovani anestetizzano la noia. Colpa delle famiglie, non dei social”». «Episodi come questi – spiega Lancini – rientrano nella dinamica del gruppo, che diventa tutto. È il gruppo che ti porta a fare cose che da solo non faresti. È come se a decidere fosse la mente del gruppo, che non è mai la somma dei singoli individui». Una spiegazione c’è, per quanto possa non essere facile da accettare per un adulto: «Queste azioni hanno spesso una funzione di anestetico alla noia difficilmente tollerabile». E poi «oggi i giovani sono più fragili. Mediamente c’è un’incapacità di tollerare quote di dolore anche minime rispetto alle generazioni precedenti». Il giorno dopo, sempre sulla “Stampa” (10/2), Elena Loewenthal commenta l’immagine catturata da una telecamera poco dopo il fattaccio: due “lanciatori” si scambiano baci appassionati, come se nulla fosse successo. E non può far altro che constatare: «Quel bacio è il segno di quanto l’umanità sia un enigma, talvolta», il segno di una «agghiacciante indifferenza». Questi e innumerevoli altri giovani seguiranno il Festival, infarcito di cantanti giovani come loro? È lecito dubitarne. Ciò non impedisce a Paolo Crepet (“Stampa”, 9/2) di prendere terribilmente sul serio il gesto – fuori o secondo copione – di Blanco che devasta la scenografia floreale: «Se passa l’idea che “si può perché l’hanno fatto anche a Sanremo” si rischia di seminare grandine», perché «ogni parola o gesto in quel luogo diventano virali». La speranza, per nulla campata per aria, è che i giovani alle maratone sanremesi preferiscano una buona serie tv.
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