No Brexit per i nostri spumanti
Stando alle rilevazioni effettuate dalla Wine & Spirit Trade Association (e rilanciate in Italia dall'agenzia Winenews.it specializzata nelle analisi sul settore), nel 2018 le vendite di champagne e altri spumanti nel Regno Unito hanno raggiunto il record di sempre, con un valore di 2,2 miliardi di sterline, per 165 milioni di bottiglie. E non solo, perché le stesse fonti precisano anche che le vendite di champagne e dei cosiddetti sparkling wine, negli ultimi 5 anni, sono praticamente raddoppiate sia in valore che in volume.
E a guardare dentro il dato generale, si scopre anche che 146 milioni di bottiglie (per 1,5 miliardi di sterline) sui 165 totali sono di altri spumanti rispetto allo champagne, con il nostro Prosecco in testa. Italia sulla ribalta di uno dei mercati più ricchi e importanti per l'agroalimentare nostrano ed europeo. Esattamente, come si è detto prima, il contrario di quanto si possa credere con la Brexit ormai all'orizzonte. Un dato che fa ancora più pensare tenendo conto che proprio in questo periodo, stando sempre alle rilevazioni degli esperti del settore, i consumatori d'oltremanica «hanno la più ampia scelta di bollicine di sempre», come ha spiegato il responsabile della Wine & Spirit Trade Association, che ha però subito aggiunto: «Il Governo non può permettere un No Deal sulla Brexit, che soffocherebbe il commercio».
Timori forti, quindi, quelli che aleggiano fra gli operatori vitivinicoli di entrambe le parti, che sperano solamente nel mantenimento di un canale commerciale aperto fra le Isole inglesi e l'Ue. Tutto anche se proprio le rilevazioni di fine anno riprese da Coldiretti, riportano un mercato internazionale in buona salute con oltre 500 milioni le bottiglie di spumante italiano stappate all'estero. E, sempre secondo i coltivatori diretti, sarebbero proprio gli inglesi i consumatori più appassionati di etichette tricolori, tanto da fare del Regno Unito il primo mercato di sbocco delle spumante italiano con le vendite che fanno registrare un aumento del 5%, di gran lunga davanti agli Stati Uniti dove comunque si rileva un balzo del 13%, mentre in posizione più defilata sul podio si trova la Germania che avrebbe fatto registrare una crescita del 6%.