Niente crescita senza fiducia
Tuttavia, sono ancora pochi i politici che lavorano per rafforzare il clima di fiducia della propria comunità. E sono altrettanto pochi gli economisti che studiano il tema. Fu Keynes il primo grande economista a comprendere appieno la portata della leva-fiducia sullo sviluppo economico e sociale: «una larga parte delle nostre attività positive - scriveva negli anni Trenta - dipende da un ottimismo spontaneo, piuttosto che da un'aspettativa in termini matematici». Da allora, ahinoi, un grande vuoto di analisi e di attenzione. Come se il sogno di una società migliore, come se la solidità dei rapporti umani, come se la stessa qualità della convivenza civile fossero aspetti minori in ambito economico, dinamiche "deboli" di cui l'accademia non dovesse occuparsi.
Non è così, evidentemente. Negli ultimi anni sta crescendo il "partito" di chi pensa che sia proprio la mancanza di fiducia, nel futuro e nel prossimo, l'origine nascosta della ventennale incapacità di crescere del nostro Paese. I recenti studi di Eloi Laurent, per esempio, dimostrano che nelle società in cui la fiducia prevale sul senso di sfiducia si ha una riduzione sostanziale del fenomeno della corruzione, che non a caso è tra i mali peggiori che affliggono l'Italia, e si evita un livello eccessivo di conflittualità tra individui, aziende e organizzazioni, fenomeno anch'esso tipico della vita sociale ed economica italiana.
Ripartire dalla fiducia è una buona promessa, individuale e collettiva, per l'anno che sta arrivando. Speriamo di essere in tanti, ognuno nel suo ambito, a trasformarla in realtà quotidiana.