NIENTE FROTTOLE
(1911). Abbiamo spesso evocato questo autore che fu condotto a Cristo, quasi per mano, proprio dalla "seconda virtù" teologale, la speranza. Fu questa "bambina", come la chiamava lui, a guidarlo alla cattedrale di Chartres quando l'angoscia per la grave malattia del suo piccolo figlio e una passione lacerante e disordinata lo stavano per gettare nel baratro della disperazione.
Da allora in lui nacque, forte e chiara, la certezza che la parola di Gesù fosse sostanza di vita, luce che illumina, fuoco che brucia. Una parola che non può essere tenuta in scatolette come si fa coi cibi o con le conserve, ma una realtà viva e operante. Certo, noi cristiani non consideriamo le parole del vangelo, che anche questa domenica ascolteremo, come se fossero "frivolezze, amenità, frottole o fandonie". Tuttavia c'è per noi sempre in agguato il rischio che siano "parole morte" che rinchiudiamo nel nostro perbenismo, nel nostro egoismo, nella comodità di un cristianesimo del tutto impallidito e stantio. Dobbiamo invece ritornare a farne cibo, come aveva fatto Ezechiele col libro della Parola di Dio (3, 1-3).