Nemmeno una mosca
Mi viene in mente ancora Etty Hillesum, la ragazza ebrea morta ad Auschwitz, nelle sue “Lettere”, quando scrive di una mamma che deve partire con il suo bambino, dal campo olandese di Westerbork , per la “destinazione finale”: «Nel lavatoio c'è una piccola donna che regge una bacinella del bucato gocciolante. Si aggrappa a me, ha l'aria un po' spiritata. Mi riversa addosso un fiume di parole: “È impossibile, come è possibile, devo partire e non riesco nemmeno a fare asciugare il mio bucato per domani. E il mio bambino è malato, ha la febbre. E non ho abbastanza vestiti…”».
Mariupol non è l'Olocausto. Non è quella faccenda atrocemente pensata e pianificata. Ma: «Nemmeno una mosca». Penso alle madri là sotto, così simili a quella mamma di Westerbork. 80 anni fa.