In Italia si consuma meno pane che nel 1861. Certo, le abitudini alimentari sono cambiate. L'Italia di oltre cento anni fa non è quella di oggi. Ma il dato deve essere valutato con attenzione e posto accanto a un altro circolato in queste settimane: dopo anni passati a languire, il mercato alimentare nazionale, forse, mostra segni di solida ripresa. Quanto sta accadendo al pane, tuttavia, è un segno dei tempi importante. Secondo Coldiretti, che ha condotto un'indagine ad hoc, non è mai stato cosi basso il consumo di questo alimento principe della dieta degli italiani. Nel 2014 si è arrivati a circa 90 grammi, pari a meno di due fettine al giorno (o due rosette piccole) a persona. Nell'anno dell'unità d'Italia si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Ovvio: la nostra dieta non ha nulla a che vedere con quella dei nostri trisavoli. Ma occorre fare attenzione: a determinare il contenimento dei consumi è senza dubbio soprattutto il cambiamento delle abitudini alimentari, ma anche il fatto che più di quattro italiani su dieci mangiano il pane avanzato del giorno precedente. Merito - o colpa - della congiuntura difficile. C'è la tendenza a contenere gli sprechi, ma anche l'obbligo di stringere la cinghia molto più di prima. D'altra parte, sempre secondo Coldiretti, solo il 2% butta il pane superfluo. Insomma, il pane - con latte, carne, zucchero e sale - continua ad essere uno di quegli alimenti ritenuti preziosi. Retaggio forse di tempi ancora più magri di quelli di oggi, questo atteggiamento probabilmente non ci ha abbandonato, anzi. E in ogni caso, quello del pane, insieme ad alcuni altri prodotti simili, è un mercato che vale ancora oggi quasi 8 miliardi all'anno, con una netta preferenza per il pane artigianale rispetto a quello industriale.Intanto, se il mercato del pane continua ad essere uno dei più importanti ma subisce i mutamenti della storia e i colpi della crisi, quello alimentare in generale sembra timidamente muoversi in maniera positiva. L'ultimo scorcio del 2014 - ha infatti rilevato l'Ismea (che segue costantemente i mercati agricoli) - ha regalato alla nostra economia un mini rimbalzo dei consumi alimentari delle famiglie italiane. Niente di eccezionale, ma il mezzo punto percentuale generale fatto registrare dal mercato indica forse qualcosa: magari non a un rilancio dei consumi, ma, quanto meno, un arresto dell'andamento discendente che ha caratterizzato il periodo recente. Per questo le industrie alimentari hanno riacquistato fiducia e gli agricoltori guardano un po' più positivamente ai prossimi mesi. Tutti segnali che fanno ben sperare, ma che vanno consolidati. Il mercato alimentare è uno di quelli a più alta fragilità. Una condizione che tutta la filiera ha ben presente.