Nelle «Messe» di Girolamo Frescobaldi i suoni e le visioni della Roma barocca
L'arte era diventata pura vertigine, e il suo medium " architetto, pittore, scultore o musico che fosse " era chiamato a celebrarne le vette più elevate; il modo di "vedere" il mondo coincideva con quello di "ascoltarlo", e le prospettive ardite, gli scorci mozzafiato, le illusioni ottiche che guidavano le discipline figurative si traducevano dal punto di vista sonoro in armonie avide di spazio e di effetti stupefacenti.
In tale contesto Frescobaldi si impose innanzitutto come un impareggiabile virtuoso della tastiera, da qualcuno ritenuto il primo vero iniziatore della musica strumentale; nato e cresciuto professionalmente a Ferrara, sotto le ombre lunghe della grandezza rinascimentale estense, a venticinque anni divenne organista titolare della Basilica di San Pietro, ruolo che mantenne fino al giorno della sua morte. Le sue rare incursioni in ambito liturgico hanno però lasciato segni profondi, come testimoniano le Messe «sopra l'aria della Monica» e «sopra l'aria di Fiorenza» registrate dal gruppo corale della Stagione Armonica diretto da Sergio Balestracci (cd pubblicato da Brilliant e distribuito da Jupiter). Pagine dove l'austera purezza palestriniana, pur saldamente radicata nei principi controriformistici, non disdegna l'ardore quasi spregiudicato della lezione monteverdiana e il senso architettonico visionario dell'età barocca; caratteri principali che impreziosiscono un'interpretazione i cui punti di forza sono la pura bellezza del canto e il gusto della parola come suono che apre al mistero e che spinge verso l'alto le polifonie sacre di Frescobaldi.