Nelle pagine di Alessandro Striggio la fede dell'uomo del Rinascimento
Il disco (pubblicato da Decca e distribuito da Universal) raccoglie alcune dei suoi lavori maggiormente spettacolari, che fanno ricorso a un elevato numero di parti. In primis il mottetto a 40 voci Ecce beatam lucem, scritto nel 1561 in occasione della visita a Firenze del Cardinale Ippolito II d'Este: una strabiliante scenografia sonora in cui la cangiante combinazione delle linee canore e strumentali proietta nello spazio un intreccio virtuosistico destinato a riecheggiare e rimbalzare in modo quasi naturale tra volte, navate e transetti delle splendide cattedrali dell'epoca.
Vicina nella complessità di concezione, ma differente per le soluzioni tecniche adottate, anche la Missa "Ecco sì beato giorno" prevede l'utilizzo di 40 voci, suddivise però in cinque cori da otto parti ciascuno; esempio vivido della potenza ammaliatrice della tecnica contrappuntistica elevata alla massima potenza, questa pagina liturgica si alimenta a un linguaggio forgiato su un vocabolario simbolico ed espressivo tra i più fantasiosi, assecondando le regole auree imperanti di vertigine e stupore.
Onore al merito di Hollingworth e dei Fagiolini, bravissimi nell'evocare la purezza stellare e la soprannaturalità delle architetture ricolme d'immaginazione di Striggio; e soprattutto nel ricordarci che ci muoviamo in un altro emisfero artistico e di pensiero, caratterizzato da una costante tensione ideale verso l'alto, verso le sfere celesti a cui queste musiche sono ispirate. E dove l'Uomo del Rinascimento cercava, invano, di elevare se stesso.