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Nella musica di Carissimi si rivive la spiritualità della Roma del '600

Andrea Milanesi domenica 28 settembre 2003
Una delle maggiori chance che la storia ci offre per meglio capire l'originalità e il valore che l'arte e la cultura italiane hanno rivestito nei secoli, sta nel rileggere le cronache che viaggiatori e pellegrini stranieri compilavano con cura durante i loro soggiorni nel nostro Paese. Ben pochi tra coloro che visitavano Roma nei primi decenni del '600 riuscivano, per esempio, a trattenere il proprio stupore di fronte alla ricchezza dell'apparato musicale che accompagnava le celebrazioni religiose. Come il francese André Maugars, testimone attonito della mise en scène di un oratorio durante la Settimana Santa del 1639: «La migliore [musica] che io abbia ascoltata è all'oratorio del Crocifisso dove c'è una Compagnia di Fratelli del SS. Crocifisso, composta dei più grandi Signori di Roma...; i Musici più eccellenti gareggiano per farvi parte, e i Compositori di maggiore valore brigano l'onore di farvi ascoltare le proprie composizioni, e si sforzano di farvi apparire ciò che hanno di meglio nel loro studio... Io non vi saprei lodare abbastanza questa musica recitativa: bisogna averla ascoltata sul posto per giudicarla bene nei suoi meriti». Un'esperienza religiosa e musicale unica, che si riflette nel cd intitolato Un Concerto Spirituale a Roma, ca. 1650 (pubblicato da Opus 111 e distribuito da Deltadischi), progetto discografico che l'ensemble Le Parlement de Musique diretto da Martin Gester ha incentrato sulla figura di Giacomo Carissimi (1605-1674), protagonista assoluto nel panorama artistico della Roma della prima metà del Seicento. Per oltre 40 anni maestro di cappella della Basilica di Sant'Apollinare, annessa al Collegio Germanico e Hungarico, Carissimi ha rappresentato il punto di riferimento più autorevole nella definizione e nell'evoluzione della forma musicale dell'oratorio in lingua latina, destinando alcuni dei suoi capolavori appunto all'Arciconfraternita del SS. Crocifisso. Dando vita a un vero e proprio "teatro dello spirito", sulla cui ribalta venivano rappresentate le grandi vicende bibliche, in un perfetto equilibrio alchemico tra meditazione, raccoglimento e partecipazione emotiva; intervallate da alcune opere strumentali di Frescobaldi e Colista, Gester e compagni ne hanno scelte tre, su cui spicca la splendida Historia di Jephte.