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Nella Messa di Alessandro Scarlatti tutto il mistero e la grazia del Natale

Andrea Milanesi domenica 19 dicembre 2004
La Messa per doppio coro a 9 voci, due violini e organo, datata dicembre 1707, occupa un posto del tutto particolare nella vastissima produzione di Alessandro Scarlatti; da poco nominato maestro di cappella nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, con questo lavoro il compositore palermitano presentava infatti il suo "biglietto da visita" ufficiale per assumere definitivamente la direzione di una prestigiosa istituzione musicale come la Cappella Liberiana. Segnalata per la prima volta con il titolo di Messa per il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, quest'opera è destinata a uno dei momenti centrali dell'intero anno liturgico, ma soprattutto a una delle festività maggiormente "sentite" dalla comunità dell'antica basilica romana. Sotto il pontificato di Teodoro I (642-649) furono infatti trasferiti in Santa Maria Maggiore, un tempo chiamata "Sancta Maria ad Presepe", i resti della culla che, nella lontana Nazareth, accolse Gesù appena nato; conservata nella "Cappella del Presepe", durante la notte della vigilia di Natale questa preziosa reliquia veniva portata in processione fino all'altare principale, dove poi si celebrava la Santa Messa. Non è difficile immaginare quale fastoso accompagnamento musicale fosse riservato, ancora nel XVIII secolo, a questa cerimonia; un ricco apparato sonoro scrupolosamente ricostruito nell'incisione discografica realizzata dall'ensemble vocale Festina Lente e dai Musici di Santa Pelagia diretti da Michele Gasbarro (cd pubblicato da Stradivarius e distribuito da Milano Dischi), in cui la Messa per il Santissimo Natale di Scarlatti viene intervallata alle sezioni del Proprium, affidate alla Schola Gregoriana, insieme con alcuni mottetti "a cappella" e brani organistici. Incorniciando un grandioso affresco dai toni maestosi, all'interno del quale lo «stile sodo alla Palestrina» - come lo stesso Scarlatti definiva il tradizionale e rigoroso linguaggio contrappuntistico di scuola tardo-rinascimentale - si apre con discrezione e ingegnosità verso le moderne pratiche dello stile concertato; in un magico equilibrio che vede coincidere tenerezza e solennità, dove ogni singola sfumatura espressiva concorre magistralmente nel dare vita a un racconto emozionante e coinvolgente.