A mezzo secolo di distanza, come e perché sia morto Pier Paolo Pasolini ancora non lo sappiamo. Da quel 2 novembre 1975, quando il cadavere martoriato del poeta e regista fu ritrovato ad Ostia, sono state fatte tante ipotesi e persino un processo che ha condannato in via definitiva per omicidio Pino Pelosi, all’epoca dei fatti diciassettenne. Eppure, Pelosi stesso, tra l’altro scomparso nel 2017 portandosi la verità nella tomba, ha fornito nel corso degli anni versioni diverse, nessuna delle quali credibile fino in fondo. Quasi certamente, quella notte d’autunno sul litorale romano, non era solo. Lo sostenne anche Alfredo Carlo Moro, presidente del Tribunale dei minorenni che lo condannò. Qualcuno mette addirittura in discussione la sua stessa partecipazione all’omicidio. A riportarci in uno dei meandri più oscuri della storia del nostro Paese è stato Aldo Cazzullo con l’ultima puntata del suo programma Una giornata particolare, prodotto da Stand by me, in onda il mercoledì su La 7 e recuperabile sul sito dell’emittente. Il popolare giornalista, con tanto di Alfa 2000 GT argento metallizzato come quella di Pasolini, ha ripercorso l’ultima notte del regista fino al tragico massacro, senza risparmiare nulla al telespettatore: né le immagini crude del cadavere e nemmeno un resoconto piuttosto dettagliato di quanto probabilmente accaduto prima dell’aggressione. A tutto questo, deviando per un po’ dalla vicenda dell’omicidio, è stato aggiunto nella parte centrale un viaggio indietro nel tempo per ripercorrere la storia di Pasolini dalla nascita a Bologna, agli anni in Friuli, fino all’arrivo a Roma e alla sua attività di scrittore, cineasta e polemista. Del resto, a differenza della altre puntate, questa Giornata particolare sarebbe stata un po’ troppo particolare e forse anche un po’ corta per coprire un’intera prima serata. Ciò non toglie che la sostanza e il valore del racconto di Cazzullo, coadiuvato come al solito dai due inviati Claudia Benassi e Raffaele Di Placido, stia nella ricostruzione di un omicidio che potrebbe avere risvolti politici e mandanti occulti di cui l’unica cosa certa, a parte le indagini all’epoca approssimative e le tante prove andate perdute, è che alla fine tutto nella morte di Pasolini appare «pasoliniano»: il luogo ai margini della città, le baracche, la borgata, l’adescamento del ragazzo di vita, il tentativo di abuso, la violenza, il sacrificio del diverso…. «Sembra uno dei suoi romanzi dove la redenzione si acquista soltanto con la morte – commenta il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo –. Paradossalmente quella morte così drammatica ha finito per ingigantire la figura di Pier Paolo Pasolini, che in un Paese spesso definito senza memoria, è oggi uno dei registi più amati, uno degli scrittori più letti, uno dei visionari più ascoltati. Alla fine Pier Paolo Pasolini è vivo!».
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