Nell'uovo di Pasqua la sorpresa è il silenzio. Per capire qualcosa di noi
Lunedì sera ero a Bassano del Grappa da Riccardo Antoniolo, un cuoco-pizzaiolo che parla ai lieviti, e lo ascoltavo mentre raccontava di enzimi e reazioni. La sua pizza è fragrante e leggera e ti offre subito quell'idea di digeribilità che poi avverti davvero. A un certo punto gli è scappato un sorriso tenero quando ha detto che nel pomeriggio aveva fatto le uova di Pasqua con suo figlio.
Appunto: la Pasqua ritorna, come nome, come festa, come appuntamento; ma dalle vetrine cariche di colombe è difficile avvertire la drammaticità della Passione. Domani si evocherà il valore del desco per i dodici radunati intorno a Gesù, valore che è ben lontano dell'edonismo gridato e ostentato dei giorni nostri; poi il venerdì santo – ma anche il sabato – che sono invece giorni di silenzio.
Non per tutti, però. Ed è un peccato che l'uomo e la donna della nostra epoca, siano giovani o persone affermate, non facciano silenzio per paragonarsi soltanto un poco con questa storia dove c'è dentro tutta la metafora della vita. C'è la gioia di stare insieme, di condividere un cibo, di ascoltarsi, e poi ci sono il dolore, il tradimento, il populismo che uccide, il diverso da annientare, mentre dalla croce sgorgano continui flutti di umanità. L'appello di gusto di questa settimana è allora al silenzio, al valore di stare davanti alle cose e a se stessi.
A ben guardare c'è tanto bisogno di silenzio per sedimentare la reattività, ma soprattutto per accorgersi che gli architetti dell'esistenza non siamo noi. Si fatica a fare silenzio nelle grandi città, dove i Suv sono in partenza per le vacanze di Pasqua. È più facile accorgersene nella campagna, mentre la natura si risveglia rigogliosa proprio in questi giorni. E i bambini vanno a portare le uova in chiesa per la tradizionale benedizione.
Proprio l'uovo, che rappresenta in simbolo la perfezione, torna in tante ricette di questo Paese ancora così legato alla memoria della Pasqua: ci sono il tortano e il casatiello in Campania, la torta pasqualina in Liguria, il piccillato in Basilicata, la pagnotta pasquale in Emilia Romagna e la corona dolce in Trentino. Si farà tuttavia digiuno il venerdì, scoprendo il valore della rinuncia; e si capirà ancora meglio la domenica di Pasqua, quando invece si pranzerà insieme.
Ma sotto il rumore dei giorni come sarà possibile accorgersi di tutto ciò senza rischiare di correre dietro al consumo? Eppure verrà un giorno in cui invocheremo il silenzio, perché abbiamo bisogno di riconoscere che siamo al mondo per qualcosa oltre il mero consumo. Siamo stati creati per interagire con il Creato, è troppo poco essere solo un pezzo della filiera commerciale. Soprattutto a Pasqua.