Il bollino verde che campeggia sulla copertina di questo disco annuncia a chiare lettere che ci troviamo di fronte alla "prima registrazione mondiale di quello che gli studiosi hanno definito "la più importante scoperta della musica vivaldiana negli ultimi 75 anni"": onore al merito dunque al Körnerscher Sing-Verein Dresden e al Dresden Instrumental-Concert che, sotto la direzione di Peter Kopp, vantano effettivamente il primato di aver inciso il Dixit Dominus RV 807 di Antonio Vivaldi (1678-1741) per la prima volta in assoluto (cd pubblicato da Archiv e distribuito da Universal Music Italia). In realtà, però, la partitura non si è mai allontanata dalla Biblioteca di Stato Sassone a Dresda, dove era stata erroneamente - oppure volontariamente, a seconda dei punti di vista, perché il disguido risale a una "truffaldina" edizione a stampa settecentesca - attribuita a Baldassarre Galuppi (1706-1785); dopo approfonditi esami e comparazioni con altri lavori del "Prete rosso", solo nell'estate 2005 la musicologa australiana Janice Stockigt ha infatti potuto rendere pubblici con sicurezza i risultati delle sue ricerche. Si tratta dunque del definitivo e ufficiale riconoscimento di paternità di un'opera sacra che si distingue per dimensioni e imponenza dell'organico (due soprani, due contralti, due tenori, coro e orchestra), ma anche per i tratti peculiari di uno stile compositivo fortemente vivaldiano; per quelle "impronte digitali", come le ha definite Michael Talbot nel breve saggio ospitato all'interno del libretto del cd, che fanno rientrare il Dixit Dominus RV 807 nel novero delle più brillanti pagine del Maestro veneziano, grazie anche a una vivacità e a una varietà di timbri, ritmi e colori sapientemente ottenuta nella scansione dei diversi episodi (6 cori, 3 arie e 2 duetti) attraverso l'alternanza tra parti solistiche ed interventi delle forze corali e strumentali. Per compensare in parte torti e attribuzioni indebite, Kopp e compagni hanno scelto di registrare anche tre Salmi di Galuppi, già Maestro di coro presso la Basilica di San Marco; opere che spalancano le porte a una sensibilità estetica e a un'eleganza barocca più matura, quasi "galante", ma che non riescono a rubare la scena alla "novità" vivaldiana.