Le funzioni di Cristo Risorto dopo la sua ascensione vengono presentate con una prospettiva veramente originale e tipica da uno scritto poco frequentato del Nuovo Testamento, ma d'importanza capitale: la lettera agli Ebrei. In essa leggiamo: «Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (9,23). Anche in questo passaggio neotestamentario l'eternità del Signore risuscitato è presentata come proesistenza. Cosa compie Gesù per beneficarci e a quale titolo lo fa? Egli è il nostro grande sommo sacerdote che ha attraversato i cieli (4,14) e che «in virtù del proprio sangue, ci ha ottenuto una redenzione eterna» (cfr 9,12). Gesù è ritratto con le categorie del sommo sacerdote ebraico nel giorno dell'espiazione. A differenza del suo prototipo però Gesù non entra nella dimora divina con sangue animale, irreperibile e superfluo in cielo, ma con il suo sangue, con la sua stessa vita. Il cielo è la sede del perenne stato oblativo di Gesù. Se i frutti della grande solennità ebraica che il sommo sacerdote portava fuori dal Santo dei Santi in quel giorno erano perdono e benedizioni, altrettanto Gesù. Nel suo caso però non un solo giorno all'anno, ma sempre. Grazie al sangue di Cristo continuamente presentato da lui stesso al Padre dal cielo piovono sempre benedizioni e perdono.