Per capire nel profondo la natura dalla musica di carattere religioso che risuonava a Vienna durante la prima metà del Settecento può venire in aiuto il richiamo agli splendidi edifici della Karlskirche e del Belvedere, gioielli dell'architettura barocca sorti durante il regno di Carlo VI d'Asburgo; il riferimento, cioè, all'armonia plastica e alla sinuosa linearità delle loro facciate, ma anche alla ricchezza e alla luminosa spazialità degli interni, in una mirabile sintesi dove l'elemento decorativo era chiamato a rappresentare nel contempo un'intima dimensione spirituale e la celebrazione simbolica del potere politico.
Come il padre Leopoldo I e il fratello Giuseppe I, cui succedette nella carica di reggente dell'Impero Austriaco a partire dal 1711, Carlo VI attribuiva grande importanza alle arti e in particolar modo alla musica; egli stesso componeva, dirigeva opere liriche dal clavicembalo, si circondava dei migliori librettisti e compositori dell'epoca, con l'intento di conferire prestigio e splendore alla sua corte e all'intera dinastia asburgica. La cappella imperiale poteva così disporre di considerevoli risorse e impiegare più di cinquanta strumentisti, compresi "i migliori virtuosi del mondo", provenienti in gran parte dall'Italia.
è questo il quadro d'insieme a cui si riferisce il disco intitolato Vespri nella Vienna di Carlo VI (pubblicato da Ambroisie e distribuito da Jupiter), in cui l'ensemble vocale Arsys Bourgogne (diretto da Pierre Cao) e quello strumentale dell'Arpeggiata (guidato da Christina Pluhar) danno vita a un'ipotetica ricostruzione dello sfarzoso apparato sonoro che doveva appunto accompagnare la liturgia vespertina per il giorno di San Matteo e la Festa degli Apostoli.
Una cerimonia di esaltante fascino barocco, rievocata con gusto e convinzione attraverso i virtuosismi canori del Gloria Patri e del Magnificat di Johann Joseph Fux (maestro di cappella presso la Corte Imperiale), l'elaborata orchestrazione del Laudate pueri di Johann Georg Reinhardt (Kapellmeister nella cattedrale di Santo Stefano), la misurata compostezza delle antifone di Giovanni Felice Sances, le ricercate trame a più voci del Dixit Dominus di Johann Michael Zächer, il poetico candore dell'Ave Maria di Johann Melchior Gletle.