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Nei Madrigali spirituali di Marenzio le rime del Tasso si fanno preghiera

Andrea Milanesi domenica 26 febbraio 2006
Il nome di Luca Marenzio (1553ca.-1599) è indissolubilmente legato a uno dei capitoli più affascinanti e controversi della storia artistica del nostro Paese; quello che coincide con il tramonto della florida stagione in cui l'illustre scuola rinascimentale italiana, che aveva a lungo rischiarato il panorama musicale internazionale, emanava i suoi ultimi, crepuscolari bagliori. Conosciuto e stimato in ogni parte d'Europa, il compositore bresciano prestò servizio presso alcuni tra i più influenti personaggi politici e religiosi del tempo, dal cardinale Luigi d'Este a Modena alle famiglie Orsini e Aldobrandini a Roma, dalla corte medicea a Firenze a quella reale di Polonia; massimo esponente del "petrarchismo musicale", fu anche amico personale di poeti come Torquato Tasso o Giovan Battista Guarini. Il "più dolce cigno d'Italia", come venne ribattezzato in virtù della grazia e dell'eleganza delle sue opere vocali, si trova ora al centro di un progetto discografico realizzato da Alessandro Casari e dall'ensemble Gli Erranti, esclusivamente incentrato sui Madrigali spirituali a cinque voci dati alle stampe nel 1584 (cd pubblicato da Stradivarius e distribuito da Milano Dischi); composizioni modellate dall'autore su una forma poetico-musicale che rappresentava il compromesso ideale tra impronta sacra e carattere profano, in cui la predisposizione "dilettevole" delle arti veniva forgiata dalle forti tensioni morali risvegliate dalla spinta controriformistica. Contrappuntato ora da un gemito di dolore o da un sospiro di letizia, ora dal lampo di una dissonanza o dall'illuminazione di un cromatismo, l'universo espressivo e stilistico di questi Madrigali spirituali rappresenta la traduzione in musica delle riflessioni esistenziali sulla caducità della vita e sull'incrollabile sostegno della fede cristiana, mirabilmente testimoniate dall'invocazione di salvezza innalzata al Signore e racchiusa nello splendido Padre del cielo, in cui Marenzio ricompone un commovente affresco sonoro sui versi del Tasso: «Deh pria che 'l verno queste chiome asperga di bianca neve, e 'l mio nascente giorno chiuda in tenebre eterne il fosco lume, dammi ch'io faccia a tua magion ritorno, come sublime augel che spieghi ed erga da vil fango palustre al ciel le piume».