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Nei funambolismi del Vivaldi sacro i brividi e le inquietudini dell'anima

Andrea Milanesi domenica 2 settembre 2007
«Quello che rende questo Ospedale tanto famoso è la musica per strumenti, che sono proprio eccellenti e ancora più rari, già che sono suonati da ragazze e da nessun uomo'»: con queste parole il Principe Elettore di Sassonia Federico Cristiano annotava sul suo diario lo stupore e il piacere provato, al pari di tanti altri viaggiatori e illustri personaggi dell'epoca, nell'assistere a uno dei celebri intrattenimenti musicali che la città di Venezia offriva nel primo Settecento presso l'Ospedale della Pietà, la cui soprintendenza artistica era affidata ad Antonio Vivaldi (1678-1741). Appuntamenti che costituivano il fiore all'occhiello dell'attività formativa e ricreativa delle orfanelle accolte presso il Pio Istituto della Serenissima e che vedevano come protagoniste le famose «putte» alle quali il "Prete rosso" dedicava i frutti più maturi della sua fertile produzione compositiva. Rispetto a quello profano, il repertorio di carattere religioso di Vivaldi è invece una riscoperta solo più recente, sia a livello critico che discografico, anche se si sta rivelando un ambito privilegiato in cui è possibile scovare gemme di indiscutibile valore; verso tale direzione si spinge il pregevole progetto che, sotto il titolo di Amor sacro, raccoglie quattro travolgenti mottetti a voce sola, composizioni con testo in versi latini che trovavano spazio durante la celebrazione della Messa o dei Vespri (cd pubblicato da Archiv e distribuito da Universal Music Italia). Accompagnato dalla Venice Baroque Orchestra diretta da Andrea Marcon, il soprano tedesco Simone Kermes si cimenta nelle curve pericolose di alcune pagine cucite su misura alle eccellenti doti canore delle «privilegiate del coro» della Pietà, addentrandosi tra i funambolismi e le inquietudini di In furore iustissimae irae, i brividi e gli spasmi di Nulla mundo in pax sincera, i tumulti e i sospiri di In turbato mare irato, le ansie e gli affanni di Sum in medio tempestatum. Pezzi di assoluta bravura, condotti sul filo di un equilibrismo a strapiombo su strabilianti insidie tecniche ed espressive, attraverso i quali si esalta la spettacolarizzazione della più intima dimensione sacra: lo spirito con cui la Serenissima si affacciava sulla ribalta del teatro del mondo.