Ne «Le stagioni» l'anziano Haydn canta il tempo e l'attesa dell'eterno
È su questo terreno che Nikolaus Harnoncourt ha giocato la propria sfida interpretativa nella pregevole incisione discografica delle Stagioni realizzata in compagnia del Concentus Musicus Wien e dell'Arnold Schönberg Chor (2 cd pubblicati da Deutsche Harmonia Mundi e distribuiti da Sony-Bmg), assecondando ogni sfumatura di questo capolavoro attraverso una lettura di grande spessore, quasi epica, che acquista il valore di una vera e propria celebrazione del tempo: quello che determina il susseguirsi ritmico dei cicli della natura e quello umano, scandito dallo scorrere degli anni, ma soprattutto quello assoluto, tenuto saldamente nelle mani del Creatore secondo i disegni della Sua imperscrutabile volontà.
I diversi quadri delle stagioni si succedono così tra semine e raccolti, pomeriggi bruciati dal sole e lunghe notti tormentate da bufere di neve, disvelando progressivamente il significato simbolico e autobiografico dell'intera partitura, che culmina nella struggente aria "invernale" Erblicke hier, betörter Mensch («Osserva qui, uomo insensato»), a cui Haydn affida la riflessione lucida e disincantata di un uomo che, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, ripercorre le tappe della propria esistenza e attende con pace e serenità l'estremo appuntamento: «La tua breve primavera è sfiorita, svanita è la forza della tua estate. Già vien meno l'autunno della tua età; già s'avvicina il livido inverno e ti mostra la tomba aperta. Dove sono ora i giorni del piacere, trascorsi fra voluttà? Sono scomparsi come un sogno. Resta soltanto la virtù».