Le stelle si sono spente sopra i presepi. Le montagne si scoprono essere di carta, le acque del fiume di fili argentati, il popolo che correva a vedere il Salvatore sente di avere vecchie fratture e cade nella sabbia che va portata via in fretta. Anche le luci dell'albero sono ritornate nelle loro scatole e mi è sembrato, mentre le mettevo via, che niente come il riporre gli oggetti del Natale desse il vero senso del tempo. Non sono i mesi con la processione dei loro nomi che ci fanno sentire lo scorrere degli anni, ma il chiudere quelle scatole con le palle di vetro e i fili d'argento mentre danno un appuntamento che ora pare lontano. Cosa ci aspetta tra l'oggi e il prossimo Natale, vorremmo saperlo per essere preparati. Forse quella guerra che i paesi d'Europa, privi di un esercito comune dovrebbero subire senza sconfitta e senza vittoria, ma con una nuova povertà di iniziative dove la ricchezza della ricerca in ogni strada della conoscenza avrebbe a subire una fermata. La prospettiva di una vita migliore da lasciare ai nostri figli perderebbe lo slancio, il coraggio di affrontare il nuovo, lo sconosciuto. I “Grandi” fra i quali abbiamo perduto il nostro posto, anche se modesto, sembrano giocare a rugby con le loro dichiarazioni di pace mentre lanciano nei cieli gli aerei senza pilota che portano la morta. Anche i Grandi temono la guerra vera, quella che impegna il mondo fino alla distruzione e alla morte di un tipo di vita e cambiano il futuro dell'umanità. Questo in parte l'abbiamo già sofferto e forse il suo ricordo permette solo di inviare armi e uomini in piccole dosi ai Paesi che le richiedono, per mantenere alle nazioni più forti il bastone del potere senza offrire il campo aperto ad una vera guerra. Mentre le pagine dei nostri giornali mettono in fila i nomi di generali ed uomini di Stato ed i loro futuri incontri dove firmare una pace per dividersi le terre, chi penserà a migliorare la vita delle popolazioni che forse cambieranno confini, ma non saranno mai aiutati a migliorare il loro sistema di vita dal punto di vista dell'auto governo? Il popolo nero sarà costretto a cercare istruzione e libertà lasciando la sua terra, penetrando con fatica e morte nelle patrie d'Europa. Inutilmente cercheremo di non accettarli. Le vie della libertà chiamano a gran voce e noi popoli bianchi dovremo scegliere, con la nostra intelligenza, strade nuove di conoscenza e di studi. Il mondo non sarà più quello dei nostri giorni, conquistato e costruito nei secoli passati, ma una realtà più profonda e più grande che la gioventù di oggi sente già vicina e ne cerca la via. Forse un mondo che sarà lontano dai nostri confini e godrà di altro spazio, che si offrirà a intelligenze nuove, che chiamerà con le sue luci, che oggi chiamiamo stelle, la curiosità, l'intelligenza, il coraggio per una conquista di quell'infinito che ci ha chiamato per millenni, dall'inizio della terra.