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Murri, il prete giornalista che lasciò per la politica

Gianni Gennari sabato 5 febbraio 2022
Romolo Murri nasce ad Ascoli Piceno il 27 agosto 1870, studia in Seminario a Recanati. A 18 anni laurea in filosofia, a 22 in teologia, a 23 è prete. All'Università il marxista Antonio Labriola gli mostra i legami tra cultura e società. Firma con pseudonimi: restituire il primato alla Chiesa alla scuola di Tommaso d'Aquino: più cultura e politica! Parla di “proletariato cattolico” in un partito detto “popolare”: la parola farà strada. Fonda gruppi diversi e - a sorpresa - i “Fasci democratici cristiani”. Per lui il veto papale alla politica è stato utile, ma ora si dovrà essere insieme antisocialisti, anticapitalisti e antiborghesi. Fonda «Il Domani d'Italia», settimanale, poi una rivista letteraria, «Athena».
Nascono in tutta Italia i suoi “Gruppi democratici cristiani” o “Democrazia Cristiana”, tra applausi e sospetti. Rompe con “L'Opera dei Congressi”, creatura cattolica ufficiale, e il vecchissimo Leone XIII ammonisce: sì al sociale, ma niente politica! «Il Domani d'Italia» raggiunge le 15mila copie a settimana, e allora per ordine di Roma lo portano a Bergamo e lo fanno morire. Lui però non molla, e nel 1902 la prima censura ecclesiastica gli impedisce di candidarsi alle elezioni. Scrive un saggio, «Quello che volemmo», e racconta un incontro con Leone XIII che fa rumore. Nel 1903 all'Opera dei Congressi lui appare trionfatore, ma nel 1904 il nuovo Papa, Pio
X, la sopprime, e allora lui fonda la “Lega democratica nazionale” in aperto conflitto con la Santa Sede che promuove l'Unione Elettorale in accordo con i clerico moderati. Per protesta si ritira ad Ancona, protetto dal cardinale Manara e insiste per un rinnovamento della Chiesa con le idee di Loisy, Tyrrel e Blondel. Nel 1905 escono i suoi «Principi dell'azione sociale cristiana», ove difende la aconfessionalità della sua “Lega democratica nazionale”: per lui che cita Tommaso d'Aquino l'autorità ecclesiastica è “incompetente” in materia non religiosa. Nuova censura vaticana, e nell'aprile 1907 è sospeso a divinis. Per Pio X è un pericoloso modernista. Protesta, ma non gli credono e quando nel 1909 fonda la sua Lega Democratica, arriva la scomunica maggiore: è del tutto fuori dalla Chiesa cattolica! Diventa deputato, ma resta quasi solo: gli stessi compagni di lista non gradiscono che la sua persona favorisca la Lega Democratica, troppo movimentista. Ma nel 1911 lui rompe anche con la Lega e sposa la figlia del presidente del Senato danese, Ragnhilde Lund. Eccolo: deputato, sposato, scomunicato, sempre più distante dal mondo cattolico, che gli fa una guerra spietata. Nel 1913 non è rieletto. Si ritira, si avvicina al pensiero di Giovanni Gentile, poi all'ispirazione del fascismo, assegna un ruolo etico allo Stato anche nei confronti della riforma della Chiesa. Nel 1915 approva l'intervento in guerra. Si difende dalle accuse di eterodossia e nel 1920 scrive un bilancio politico con questo titolo: «Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano». Don Sturzo ha appena fondato quest'ultimo. Dal 1919 vive con lo stipendio di redattore de «il Resto del Carlino». Intanto tornano i temi religiosi, e nel 1939 pubblica un libro con questo titolo: “Alla ricerca di te stesso”, in parte autobiografico. È l'inizio di un ritorno. A varie riprese incontra uomini della Santa Sede e il cammino si conclude nel 1943 con un reingresso pieno: «Sono rientrato nella Chiesa visibile per una legge di coerenza interiore…Il mio posto è nel cattolicesimo: rientro dunque tra i miei». Continua a scrivere molto. Il dopoguerra avrebbe portato al potere quella Dc cui per primo aveva pensato. Muore, pacificato almeno con se stesso e con la sua Chiesa, il 12 marzo 1944, a Roma. Uno che si chiama Romolo, del resto, lascia sempre tracce dalle parti del Tevere. In vita ha avuto poca pace: quella che ora ha se l'è davvero meritata. Alla sua salute eterna!