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Mocellini, preghiera umiltà paterna misericordia

Gianni Gennari sabato 8 gennaio 2022
Giovanni Mocellini (Saletto, Padova 1906 - Rovigo 1989), già arciprete di Montagnana, cittadina gioiello per le Mura medievali intatte e per il Duomo imponente, poi vescovo a Comacchio e Adria. Antefatto: Anno Santo 1950 a Roma: in una serata molto fredda mio padre incontrò presso San Pietro due persone che non avevano da dormire per la notte, e per loro si trovò spazio nella nostra piccola casa già gremita. Erano Antonietta, sorella di Mocellini e Fulvia Golin sua “perpetua”: simpatia immediata...Lui poi volle conoscermi e da allora per 6 anni passai le vacanze a Montagnana: grande canonica aperta a tanti, molti futuri preti (Sacco, De Fanti, Brun, Smanio, Rodighiero E. e G. e altri). All'oratorio incantava don Franco Bartolomiello, dalle mille trovate. Un paese cordiale e vivace…Per tutti lui, l'arciprete: solenne, quasi un metro e 90, paterno e rassicurante. Per servirgli la Messa alle 6 entravo nel Duomo da una porticina quasi segreta e lo trovavo sempre già in preghiera, in ginocchio dietro l'altare, e talora “prostrato”, immerso in Dio.
L'altro ieri papa Francesco ha fatto elogio appassionato della “prostrazione adorante”… Così per me 6 estati bellissime (1950 - 1955). Tra tante cose ricordo che lui volle ospitare monsignor Edoardo Mason, leggendario vescovo missionario, per l'ordinazione del primo prete del Sudan, don Ireneo Dud, futuro vescovo anche lui…Torno a Mocellini: nell'estate del 1955 ero con lui a Castel Tesino e una mattina suonò il campanello. Andai ad aprire: sotto la pioggia un “fratone” con barba e ombrello. Lo lasciai lì e chiamai l'arciprete, che subito si inginocchiò: il fratone era il vescovo di Padova, Gerolamo Bortignon, cappuccino, con l'annuncio papale della nomina di Mocellini vescovo a Comacchio. Per anni a Montagnana ricordo e anche nostalgia della sua guida: non c'era più Mocellini, e alcune vicende furono burrascose…Poi certamente ci ha pensato il tempo, e lo Spirito Santo. Dunque lui vescovo a Comacchio: altre estati con lui, in quel paesone con canali maleodoranti - allora - e in un luogo dove per la situazione politica e ideologica era duro fare il prete: figurarsi il vescovo! Sempre uguale, sempre cordiale, sempre paterno anche con i cosiddetti “lontani”, tanti da quelle parti in cui anarchia tradizionale atea e comunismo politico rozzo e spesso selvaggio erano un baluardo contro preti e Chiesa. I giovani erano da cercare uno ad uno, non parliamo poi di vocazioni, lì già rare, e si doveva vincere sempre la diffidenza generata da una mentalità che vedeva Chiesa e politica unite anche dove e quando non lo erano…All'inizio lui ebbe qualche problema con il rettore del Seminario e vicario generale, Luigi Carli, ma lo volle vescovo e quindi in Concilio dove fu tra i tradizionalisti più attivi…Torno a Mocellini: a Comacchio la sua voce tonante nella predicazione spesso risuonava nel Duomo mezzo vuoto, mentre in quello di Montagnana la folla era stata sempre traboccante. Eppure mai lo ho sentito lamentarsi o accusare qualcuno. Partecipò a tutte le sessioni del Concilio. Dopo una decina d'anni Paolo VI lo mandò ad Adria e Rovigo. Ormai ci vedevamo poco. Ricordo a gennaio del 1966 un viaggio in auto da Roma a Comacchio che al ritorno finì sotto una tempesta di neve… A lungo restammo in contatto, grato e filiale da parte mia, paterno e talora invitante alla prudenza, e magari al buon senso da parte sua. Un uomo, un prete, un vescovo, un “padre” nel ricordo e nella gratitudine. So che in seguito gli ho anche dato anche qualche sofferenza, ma nella contabilità del Signore tutto serve. Mi ha dato molto, gli ho restituito troppo poco, e forse il contrario…I conti alla fine li salderà la Misericordia. Nella luce di Montagnana, della sua gente e della compagnia di quella “prostrazione adorante”, la memoria resta grata per sempre.