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Mini-boom delle aziende verdi

Vittorio Spinelli sabato 19 maggio 2007
Nel 2006, in Italia, sono nate quasi 31mila nuove imprese agricole. Il dato sorprende e migliora il quadro comune che si ha dell'agricoltura. Perché se un settore è capace di creare così tante unità produttive nuove, mentre per volti versi si dà come decotto, significa che tutto sommato la realtà può essere diversa dalle ipotesi di studio e dalle risultanze statistiche. Certo, occorre poi vedere quante di queste unità d'impresa siano effettivamente tali e quante, fra l'altro, riescono a resistere e a crescere. Ma il dato positivo rimane. E la situazione è ancora migliore se si pensa che una buona parte di queste nuove aziende sono gestire da giovani agricoltori che sono partiti dalle produzioni più tradizionali per "innestare" su queste attività innovative. L'approfondimento di questa particolare agricoltura è arrivato in questi giorni nel corso di una serie di incontri nell'ambito di "Giovani imprese: energie per il futuro", promossi dal Movimento giovanile della Coldiretti, a cui hanno partecipato quasi 200 giovani impegnati nelle campagne in tutte le regioni italiane. Al di là delle particolari attività, sembra che la nota comune a tutte sia l'innovatività apportata al settore che passa da particolari servizi offerti alla vendita diretta dei prodotti. Ciò che appare ancora più sorprendente, poi, è che alla fine i bilanci quadrano. Le imprese agricole guidate da giovani, infatti, fatturano quasi il doppio (+75%) rispetto alla media nazionale, hanno una superficie superiore di oltre il 54% alla media (9,4 ettari, contro una media nazionale di 6,1) e il 50% di occupati in più per azienda. Tutto bene, quindi, se non vi fossero ancora alcuni ostacoli importanti alla ulteriore e più forte crescita di questa parte dell'agricoltura. Come per esempio quelli legati proprio alla formazione dell'impresa. Tanto che, proprio dai giovani stessi, è arrivata la richiesta pressante di dare il via libera alla società a responsabilità limitata in agricoltura, previsto dalla Finanziaria ma ancora fermo operativamente. In questo modo, più giovani imprese potrebbero aggregarsi e superare le difficoltà strutturali del settore. Basta pensare che i giovani, per esempio, incontrano molte più difficoltà nell'acquisto della terra e che solo il 54% delle aziende è di proprietà, rispetto al 74% della media nazionale. Tutto senza contare la scarsità di capitali freschi da investire in azienda. Insomma, la vicenda dei giovani imprenditori dei campi, dimostra ancora una volta che in agricoltura ci si può stare per davvero. I problemi sono la capacità di aggregazione, gli strumenti per farla, le politiche per agevolarla, lo spirito d'impresa che non deve essere mortificato. Ma, a ben vedere, quello che devono superare i giovani agricoltori è lo stesso scoglio che hanno davanti gli altri giovani imprenditori. Con probabilmente una complicazione in più: il mercato agroalimentare affrontato da una piccola imprese agricola è sicuramente più imprevedibile e difficile rispetto a molti altri.