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Michetta, da mangiareentro quattro ore

Paolo Massobrio, Giorgio Calabrese venerdì 23 maggio 2003
Hanno un bel dire i dietologi che l"ideale sarebbero cinque pasti al giorno. Ma com"è possibile oggi che non c"è più la michetta? Già il secondo pasto, lo spuntino d"eccezione della nostra infanzia coincideva con l"appuntamento in panetteria, quando arrivava la michetta. Che è un pane eccezionale, leggerissimo, simbolo di Milano, dove questo pane viene chiamato rosetta per via della sua forma tonda a cinque petali. All"interno è vuota e l"unica concessione lieve alla mollica è data da quei petali fragranti ed un poco elastici, mentre la crosta dell"intera superficie è croccante. Ma è delicata la michetta, perché basta un po" di vento perché diventi secca mentre una giornata umida la rende assai gommosa. Bisogna consumarla nel giro di quattro ore. Viene prodotta con farina 0 o 00, sale, acqua e lievito.Ora, nei mesi scorsi l"associazione panificatori di Milano ha proposto di aumentare la michetta da 3,75 a 5 euro il chilogrammo, data la sua difficoltà di produzione e la sua "moralità". Già, perché è facile produrre un pane pesante e poi venderlo un tanto al chilo, mentre la caratteristica della michetta è proprio la sua estrema leggerezza. Evviva allora i 5 euro, contestati da una concezione omologante, fintamente egualitaria che vorrebbe il pane tutto uguale (senza domandarsi perché ogni giorno a Milano ne vengano buttate via 12 mila tonnellate, tanto è basso il costo). Ora, ritengo addirittura che quell"involucro croccante e dorato, che dentro è vuoto, sia talmente attuale, salutisticamente, che andrebbe venduto in farmacia. Oppure nelle boutiques del gusto, pronta per assecondare un Culatello di Zibello, una fine coppa piacentina, meglio ancora una pancetta. Accanto uno spumante brut, oppure una di quelle Malvasie secche e un po" frizzanti o un Ortrugo. Ma se chiudo gli occhi e sogno, la mia michetta è lì con il salame dalla pasta rossa viva e un bicchiere di Bonarda.