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Michelstaedter, se la vera intensità è quella di chi accetta di avere una storia

Alfonso Berardinelli sabato 18 settembre 2010
L'articolo di Fulvio Panzeri su Michelstaedter, uscito in queste pagine sabato scorso, mi ha costretto a riflettere di nuovo su uno degli eroi intellettuali del primo Novecento. Michelstaedter, filosofo geniale morto suicida nel 1910 a ventitré anni, è diventato un autore «di culto» ma (come nota Campailla, curatore delle sue opere) non ha raggiunto il grande pubblico. Si potrebbe dire: per fortuna. Ve lo immaginate un festival filosofico di oggi, con un ospite come Michelstaedter che risponde alle domande del pubblico sul tema «suicidio sì, suicidio no»? Il fatto è che esistono autori «per pochi» e questo comincia a sembrare una stranezza. Ma non tutti gli autori sono per tutti. Michelstaedter per ora ha la fortuna di essere letto solo da chi può capirlo: sorte che andrebbe considerata giusta e naturale per ogni autore. Il successo di massa è fondato quasi sempre su un equivoco: il cosiddetto grande pubblico è fatto di persone che non amano tanto l'autore in sé, amano stare in compagnia di tutti quelli che lo leggono, perché temono di restare soli.
Torno a Michelstaedter con un dubbio. La sua alternativa fra Persuasione e Retorica, fra intensità e durata, è un'alternativa sempre attuale, anche se è tipica dei giovani alle soglie dell'età adulta. A vent'anni si vuole l'intensità, si rifiuta la retorica della durata. Ma proprio in questo, il ventenne Michelstaedter annuncia la cultura del Novecento, la sua velocità distruttiva. Non costruiamo più niente che duri. Crediamo che sia meglio volere la pienezza dell'essere contro la fatica e le peripezie del divenire. Può essere vero il contrario. Giacomo Debenedetti all'inizio della sua carriera scrisse un saggio su Croce e uno su Michelstaedter. Era di fronte al bivio. Si trattava per lui di due pericoli di alienazione dalla vita: a vantaggio della Storia (Croce) o di un assoluto presente individuale. Scelse la via media: la vera intensità è quella di un individuo che accetta di avere una storia.