Milano, febbraio – In una mattina feriale a Brera, tra la gente che va di fretta. Invece, per una volta, io ho tempo; e salgo adagio le grandi scale della Pinacoteca. È un venerdì, per le sale solo qualche turista giapponese.Passo per ventotto sale senza fermarmi; ho un preciso obiettivo, stamane.Nel labirinto di Brera quasi fatico orientarmi. Ma ecco, finalmente, la ventinovesima sala. È qui. Mi siedo davanti a lei, a tre metri di distanza. Lei, è la Cena di Emmaus di Caravaggio. Era da tanto, che volevo venire. (Il silenzio in queste stanze antiche è assoluto, e non c'è nessuno, mi rallegro fra me).Dunque, eccoti finalmente. È tanto che ti ho in mente; come se nella tua penombra, fra i volti di quei commensali, si nascondesse qualcosa che riguarda anche me.In quell'armonia di toni d'ambra e bruni istintivamente mi sento già in una dimora familiare. Lo sguardo cade subito su Cristo, la mano sospesa nell'atto – forse un istante prima – di benedire il pane. Il volto è pallido e segnato, come di un convalescente da un grave male; ha attraversato le terre della morte, il Cristo di Caravaggio, e le lunghe ore nel buio indugiano ancora sul suo viso.Poi guardo l'oste, così profondamente vero e popolano; con le mani sui fianchi, e il volto chino a studiare quel cliente strano. Ha qualcosa di singolare quest'uomo, pare che pensi l'oste, soppesandolo; lui, vecchio furbo, uso a contare i bicchieri e i denari e a riconoscere a colpo d'occhio i bari, incrocia Cristo risorto e pare restar perplesso; quasi a fiuto avvertendo qualcosa, nello sconosciuto, di radicalmente nuovo.Accanto all'oste c'è una serva, vecchia, consunta dalla fatica, spenta negli occhi che hanno visto cinquant'anni di avventori e di ubriachi. La vecchia pare tanto stanca che nemmeno lo sguardo le si accende davanti a Cristo; nel volto solo un antico, prosciugato sfinimento.Ma guardate invece il discepolo sulla destra: guardate le sue mani, come stringono convulsamente la tavola, come di uno che si tenga forte nell'attimo di una sbalorditiva emozione. E il collo, come si protendono tesi in avanti il collo e il viso, increduli, verso Cristo («Sei proprio, sei davvero tu?»)Il secondo commensale è di spalle e ne vediamo solo le mani spalancate nella meraviglia, non il volto. Quello, mi dico, sono io. Che cosa vedo, cosa riconosco, cosa scelgo? La mano di Cristo è sempre sospesa, nell'attimo della benedizione del pane – come se quell'ora fosse eterna, e viva ancora.Poi, vado. Ma porto via con me quel gesto immobile, per le strade di Brera – tra la gente che cammina veloce.