Meno prodotti biologici in tavola
una flessione, in valore, del 4,5% per i lattiero-caseari e del 6% per gli ortofrutticoli
freschi e trasformati. In calo anche gli acquisti domestici di uova (-4%), pasta e riso (-11%), mentre crescono di quasi 3 punti percentuali dolciumi, biscotti e snack biologici. In netta controtendenza gli oli (+17%) e gli alimenti per l'infanzia (+15% circa). Tengono bene il mercato anche il pane e i prodotti sostitutivi come cracker, grissini e gallette, mentre registrato una netta battuta d'arresto i prodotti dietetici e le bevande. Pesante anche l'andamento dei consumi delle famiglie italiane di miele e salumi biologici, in calo rispettivamente del 6 e del 3% rispetto al 2005. Una seconda ricerca di Ismea sui canali specializzati ha fatto rilevare, invece, una ripresa delle vendite. Insomma, quello del biologico sembra un mercato che davvero sta assestandosi nelle sue diverse componenti. Non siamo certo davanti ad un settore decotto. Anche perché il nostro Paese, nonostante il calo dell'ultimo triennio, figura nella lista dei primi cinque paesi consumatori al Mondo di prodotti biologici, dietro Stati Uniti (in testa alla classifica), Germania, Regno Unito e Francia. E siamo anche secondi, alle spalle solo del Messico, per numero di aziende agricole specializzate e quinti per ettari coltivati. Ciò che conta fare, a questo punto, è però una cosa molto importante: pianificare meglio la produzione, gli investimenti e le strategie di mercato. Perché se i consumi stanno passando un lungo periodo di "riflessione", ciò avviene per un buon grado di maturità che il comparto sta raggiungendo e che, quindi, impone scelte colturali diverse da quelle iniziali. In altre parole, i produttori agricoli che si sono dedicati al biologico negli anni della crescita e del pionierismo, adesso devono trasformarsi in operatori attenti ai venti di mercato e pronti a seguirli.