Rubriche

Mendicante della luce per dare gusto alla vita

Luigi Verdi giovedì 24 ottobre 2024
XXX Domenica del Tempo ordinario - Anno B In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. Siamo tutti mendicanti di luce, come Bartimeo siamo tutti mancanti di qualcosa che illumini la vita, la storia, le persone, le cose. E la sentiamo questa necessità di chiarore, ogni volta che avvertiamo il gusto spento della vita, quando rassegnati ci accontentiamo di tacere, di non gridare, ascoltando quelle voci che ci fanno credere che non è possibile vedere di più, capire di più, guarire di più. Esagerato Bartimeo che urla, getta via il mantello, scatta in piedi e si precipita verso Gesù; esagerata la sua sofferenza, esagerato il suo cercare Gesù nonostante i rimproveri e i tentativi di zittirlo, come a dimostrare che non si può fermare il dolore che straripa da ogni poro della pelle, che fuoriesce attraverso tutti i tuoi sensi. Bello Bartimeo che non si stanca di chiamare e che, pur non vedendolo, lo riconosce dai passi quel Gesù che può guarirlo: sono passi leggeri, senza voce, ma carichi di speranza per chi non ne può più di essere emarginato, scartato, rifiutato. Disobbediente Bartimeo: a chi tentava di farlo tacere risponde con un grido ancora più forte, a chi indignato cercava di zittirlo lui risponde alzando il tono della voce, perché troppo grande è il suo dolore, troppo profonda la sua ferita e chiama una pietà anch’essa esagerata, una compassione smisurata, divina. A quel grido risponde una parola “Chiamatelo”. Immagino che l’aria si sarà fermata e tutto si sarà teso in quell’attimo e forse si sarà sentito solo il battito accelerato del cuore di Bartimeo: Lui c’è, non lo vede, ma c’è. E ora lo chiama vicino e gli chiede cosa desidera veramente, perché Lui, Gesù, è venuto solo per servire: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” “Rabbunì”, Maestro mio, di cui sento solo il profumo, che i miei occhi afferrino la tua luce e la proiettino tutt’attorno a me, che la carezza della tua voce divenga carezza sui miei occhi spenti e le mie pupille brillino con le tue. «L’occhio con cui io vedo Dio è lo stesso occhio con cui Dio vede me», scrive Meister Eckhart: in quell’incrocio di sguardi, in quell’ombra che sfumava nella luce, Dio e Bartimeo si sono trovati e abbracciati. E di certo un sorriso avrà accolto il suo primo sguardo, come un bacio infinito. (Letture: Geremia 31,7-9; Salmo 125; Ebrei 5,1-6; Marco 10,46-52) © riproduzione riservata