Sua madre sognava una bambina che avesse le labbra rosse come il sangue, i capelli neri come l’ebano e la pelle bianca come la neve. E quella bambina nacque, la chiamarono Biancaneve, pelle bianca, labbra rosse, capelli neri. Il sangue è la vita, l’ebano è uno dei legni più belli, il legno è la materia dell’albero, che affonda le sue radici nel profondo e spinge la sua cima verso il cielo. La neve è sostanza miracolosa da sogno: mentre il ghiaccio è gelo, morte, la neve, che mulina nel cielo, si deposita e custodisce i semi, protegge con il suo manto bianco la vita che sta dormendo sotto il suolo.
La madre buona muore, la nuova sposa del re odierà Biancaneve perché più bella, e giovane. Non tollera di invecchiare, è regina del lifting. Nelle fiabe vediamo matrigne cattive e streghe fare uccidere la bambina o ragazzina dal cacciatore, dal lupo, dall’orco, lei va oltre, avvelena una mela, il frutto più semplice, umile, e bello.
È un’avvelenatrice della natura. I nani sono minatori, il minatore è l’uomo che scende sotto il suolo, nel buio, per trovare l’oro e i diamanti, simboli di luce. Biancaneve pare morta, ma una scossa della carrozza la fa risvegliare. È un principe innamorato che la conduce con sé. L’amore ha tramutato la morte in sonno, ha vinto per la vita.
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