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Meglio complici

Alberto Caprotti venerdì 24 luglio 2020
Ieri mattina, alla radio hanno fatto questa domanda agli ascoltatori: diteci un buon motivo per alzarci oggi dal letto. E una ragazza ha risposto così: «Un mio professore sosteneva che tutti i giorni bisogna provare a essere un po' felici. Perché, o sei felice o sei complice…». La frase non l'ho tanto capita, però mi sembra interessante. Come lo è provare a capire cosa sia la felicità. Secondo il padre della psicologia positiva, Martin Selingman, il 60 per cento della felicità è determinata dai nostri geni e dall'ambiente che ci circonda. Il restante 40 per cento dipende da noi. I ricercatori della Harvard University sostengono anche che la felicità sia trasmissibile: hanno calcolato cioè che quando una persona è felice, chi le vive vicino ha il 25 per cento di probabilità di esserne contagiato. Una bella definizione credo sia quella di Alessandro Baricco quando ha scritto che «è così che ti frega la vita: ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, un odore o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi…». Personalmente mi accontento di meno, e voto per la complicità: condividere lo stesso sorriso senza vedersi e lo stesso pensiero senza parlarsi è una delle cose più intime e profonde che esistano. Felicità pura.