Gianpiero Gamaleri è il profeta italiano di Marshall McLuhan e merita la nostra riconoscenza per aver tempestivamente riconosciuto la centralità dello studioso canadese come interprete della svolta culturale che tuttora stiamo attraversando, e per averne diffuso il pensiero sia in sede scientifica, sia in àmbito divulgativo. È del 1976 la prima edizione del fortunatissimo libro di Gamaleri,
La Galassia McLuhan, che parafrasa il titolo della celeberrima opera di McLuhan,
La Galassia Gutenberg (1962). E i temi e i problemi mcluhaniani sono stati fin da allora così ben centrati, che Gamaleri ha potuto ristampare il suo studio nel 1988 e ri-ristamparlo adesso, sempre dallo stesso editore, aggiungendo nuove prefazioni, ritoccando il titolo con un aggettivo,
La «nuova» galassia McLuhan (Armando Editore, pp. 226, euro 18), e sostituendo il sottotitolo che è passato da «Il mondo plasmato dai media?», a «Vivere l'implosione del pianeta». Una bella soddisfazione poter dire, senza iattanza, «avevo visto giusto», e poter verificare un'intuizione allora «profetica». Nonostante sia citatissimo, Marshall McLuhan (1911-1980) è tuttora parecchio frainteso, anche perché il suo stile aforistico e paradossale si presta alle battute più che ai ragionamenti. Anche per il centenario della nascita, nel 2011, non ci sono stati approfondimenti particolarmente innovativi, per cui la «Galassia Gamaleri» resta la migliore introduzione critica al pensiero del canadese. «Critica» perché Gamaleri non è un ammiratore cieco del suo maestro: non nasconde alcune riserve, e riporta le obiezioni avanzate da altri studiosi. È buffo che, in Italia, i maggiori sospetti siano stati avanzati in campo cattolico, soprattutto da parte di padre Enrico Baragli della
Civiltà cattolica, e questo depone a favore del nostro pluralismo che non ha fatto di McLuhan una bandiera, benché fosse passato nel 1935 dal protestantesimo, che considerava «dogmatico», al cattolicesimo ritenuto «libertario». Anche Umberto Eco ha polemizzato con McLuhan, ma più per esibizione di alta (e affascinante) intelligenza, che per autentico dissenso, e Gamaleri gli tiene testa con rispettosa convinzione. Il più celebre e il più frainteso degli slogan di McLuhan è «il mezzo è il messaggio», che ha dato luogo alle barzellette della ragazza che, vedendosi recapitare ogni giorno una lettera del fidanzato lontano, ha finito per sposare il postino. In realtà, McLuhan intendeva che il «messaggio» di un medium o di una tecnologia non è tanto nel «contenuto», quanto «nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani». Che sia così lo sperimentiamo, ormai, costatando che le nuove generazioni, familiarizzate col web fin dalla più tenera età, hanno un modo di ragionare diverso dal nostro, cresciuti come siamo seguendo la logica deduttiva indotta dalla comunicazione stampata. La nostra
Galassia Gutenberg, insomma, cede sempre più velocemente il passo alla
Galassia McLuhan. Non che i «contenuti» siano irrilevanti: Gamaleri, ordinario di Sociologia dei processi culturali, consigliere di amministrazione della Rai dal 1998 al 2002, lo spiega assai bene quando afferma che «il "contenuto" è il modo d'essere del medium alla luce di tre parametri: la natura-struttura del medium stesso; l'esperienza umana, letta in chiave psico-percettiva e di capacità cognitiva; il contesto socio-culturale in cui la comunicazione si attua». Il consiglio finale, per parte mia, è di riprendere in mano
Gli strumenti del comunicare di McLuhan, autore che spazia dalla letteratura alla psicologia, alla fisica, alla moda e al costume, dotato, oltretutto, di un filigranatissimo
humour.