«C
hiedetemi di essere di più del mondo,/ soffrite che io non sia solo questo corpo inerte,/ e con i vostri voti, e ricordi, medicatemi». È la Bellezza che parla, con la B maiuscola. E' Yves Bonnefoy che conclude così la poesia intitolata "La Bellezza". Bonnefoy, uno dei più grandi poeti del nostro tempo, mette a nudo la tragedia della bellezza. Ridotta a idolo, mercificata, subisce la violenza della dissacrazione: una realtà dell'anima viene degradata e offesa. Esposta in una teca, salvata dal triste divenire grazie a un'imbalsamazione, come accade di un nobile reperto, è umiliata a simulacro di ciò che è stata e continua a essere. Labellezza non è solo l'oggetto che nel museo, nel tempio, nella chiesa, la rappresenta: è anche quello, ma è, simultaneamente, lo spirito che ha fatto nascere quelle opere. Disperatamente, eroicamente, il poeta Bonnefoy assume la voce, il ruolo, la parte della Bellezza e, immedesimatosi nel suo dolore, grida agli uomini: cercatemi, chiedetemi di essere più partecipe, più parte del mondo, non abbandonatemi come uncorpo inerte, una statua senz'anima. Senza di voi uomini, senza il vostro ricordo, i vostri desideri, i vostri rimpianti, io, la Bellezza, non esisto. La Bellezza chiede a noi di volerla, salvando,con la nostra, la sua anima.