MARTIRI
Nove anni fa, proprio come oggi, il Gruppo Islamico Armato trucidava i sette monaci trappisti rapiti due mesi prima nel loro monastero di Notre-Dame de l'Atlas in Algeria. Il priore, fr. Christian de Chergé, aveva scritto nel suo Testamento spirituale le parole che sopra abbiamo citato. Esse sono la luminosa espressione di un cristianesimo puro e assoluto. Continuava a scrivere quel monaco: «Dopo la morte potrò immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i suoi figli dell'islam così come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, sorgente di comunione».Ciò che vorrei celebrare in queste parole è, da un lato, la straordinaria larghezza di amore e di spirito, quella che il Nuovo Testamento definisce in greco makrothymía: essa vede il nemico con gli occhi stessi di Dio, suo e nostro creatore. E d'altro lato, la morte cruenta di questi trappisti è la rappresentazione del martirio, una categoria che spesso consideriamo remota e alonata di leggende. Essa è, invece, una realtà presente, una limpida testimonianza di morte per una fede che si è vissuta con amore e totalità e che meritava di essere vissuta.