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Mario Draghi e la rivoluzione delle competenze

Francesco Delzio sabato 6 febbraio 2021
L'arrivo di Mario Draghi alla guida del Paese non è solo l'innesco di una rivoluzione istituzionale ed economica. L'era Draghi potrebbe determinare a mio avviso un effetto molto più profondo sulla psicologia degli italiani, facendo calare il sipario su anni (gli ultimi) tristemente dominati dall'assoluta marginalizzazione in Italia - spesso addirittura dalla pubblica derisione - del merito e delle competenze. Non ci sono soltanto, indelebili nelle nostre menti, le recenti battaglie dei "No Vax" e i curricula di politici e amministratori che ostentano la mancanza di una laurea. Negli ultimi anni la cosiddetta "università di Google", o se preferite l'accademia dei social media, hanno assunto un'importanza imprevista e per molti versi preoccupante all'interno del corpo sociale italiano. L'idea di fondo che ha conquistato gran parte dei nostri connazionali (come i cittadini di tutte le società occidentali) è semplice: ognuno di noi può diventare "esperto" di qualsiasi tema, dalla coltivazione delle zucchine alla biologia molecolare, dopo qualche minuto trascorso su Google o su Facebook alla ricerca di informazioni sul tema.
«Avere parità di diritti non significa avere talenti uguali, uguali capacità, o uguali conoscenze» ricorda Tom Nichols, che qualche anno fa ha pubblicato negli Stati Uniti un saggio illuminante dal titolo "La morte della competenza". Per abbandonare la pericolosa deriva dell'incompetenza avevamo bisogno - come spesso è stato nella storia recente del nostro Paese - di uno shock, di una curva drammatica da superare e di un pilota-simbolo cui chiedere di evitare che l'intero sistema Paese finisse nel burrone. E la saggezza e il coraggio del Presidente della Repubblica ci hanno offerto la possibilità di affidare la guida dell'Italia ad un civil servant che tutto il mondo riconosce come il "migliore".
Ma cosa accadrebbe se questo metodo, la scelta dei migliori per competenza riconosciuta, non fosse più solo la "extrema ratio" per risolvere situazioni straordinarie ma diventasse il metodo quotidiano di selezione della classe dirigente del nostro Paese? Quale incredibile carico di speranze e di motivazioni riusciremmo a restituire ai nostri ragazzi, ancora oggi costretti a cercare fuori dall'Italia occasioni per far valere le loro competenze oppure ad adattarsi a logiche di cooptazione familistica? È molto probabile che a breve la "rivoluzione delle competenze" abbia il suo punto di riferimento a Palazzo Chigi. Sperare che possa realizzarsi, a questo punto, non è più un'utopia.
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