Non ricordo - in tanti anni vissuti da cronista della Nazionale - una polemica così lunga e sterile come quella che si trascina da quando nei cieli azzurri è comparsa la stella di Balotelli. A 17 anni, Mario, convocato dal Ghana, suo paese d'origine (anche se è nato a Palermo) rispose "no", fiducioso di poter, un giorno, indossare la maglia dell'Italia, il suo nuovo Paese. Ci è riuscito nel 2007 per scelta di Casiraghi (Under 21) e il 6 agosto del 2010 ha ricevuto anche la chiamata di Prandelli, esordendo contro la Costa d'Avorio e finalmente realizzando l'11 novembre 2011 il suo primo gol tricolore, alla Polonia. Nel frattempo, l'agognata maglietta azzurra è diventata, per lui, come la camicia di Nesso, indumento che, intriso di sangue avvelenato, fece soffrire fino alla follia Ercole, e dico poco. Meno nocivi, senza dubbio, i veleni che vengono quotidianamente offerti a Balotelli, poco più che il fumo di una sigaretta; e lui, addirittura, se ne nutre: per restare in ambito mitologico, è mitridatizzato. Non altrettanto immuni da danni mediatici sono purtroppo gli appassionati di calcio che da Balotelli - apprezzata la sua storia personale - vorrebbero solo gol. Prandelli lo sopporta a fatica ma per amor di vittoria lo convoca anche in odor di punizione, mettendo in discussione il Codice Etico, infelice sostituto di antiche regole secondo le quali un calciatore squalificato non poteva essere convocato in Nazionale. Fece eccezione alla regola - se ben ricordo - Helenio Herrera quando affiancò per breve tempo Valcareggi e convocò un interista squalificato: polemica vistosa ma presto esaurita, giacchè ben altri erano i temi intorno ai quali si accendevano di solito i dibattiti azzurri, in genere provocati da rivalità. Come nel Settanta la sfida "tattica" fra Rivera e Mazzola che fece nascere l'autolesionistica staffetta e chiudere il Mondiale messicano con i 4 ingloriosi minuti concessi nella finalissima col Brasile al Golden Boy che aveva firmato i gloriosi tempi supplementari di Italia-Germania 4-3. Come nel '74, quando Giorgione Chinaglia - cui Balotelli somiglia per possanza fisica, gol e stoffa di piantagrane - ispirò a Giovanni Arpino un libro agile e fascinoso, "Azzurro tenebra", nel quale veniva praticamente tenuto a battesimo il ct del futuro, Bearzot: feroci, guarda caso, le polemiche sorte intorno al mio caro Vecio, e lui le chiuse vincendo il Mundial dell'82. Insomma: non si capisce a che servano le smanie quotidiane non tanto di Balotelli il Fastidioso (gli riesce di far danni estetici - più che etici - con assoluta naturalezza) quanto dell'entourage, col sospetto che non s'abbia altro da dire, almeno dal punto di vista tecnico. Perchè il Supermario accende e subisce una scomoda realtà: non ha rivali. Questo è il problema.